IL CANTIERE DELLA NUOVA MILANO SI RIALZI DA QUARTIERI E CULTURA
A Milano esiste un quartiere, il Villaggio dei Fiori al Lorenteggio, composto da ville singole, villette a schiera e piccole palazzine, alcune di proprietà del Comune e altre di privati. Molte delle ville singole del Comune sono sfitte e degradate, ma la cosa peggiore è la presenza di amianto sui tetti e nel materiale usato per i casotti nei giardini. Come mai il Comune, in queste sue proprietà, non ha ancora eliminato l’amianto? Eppure le case intorno sono abitate e le lastre non hanno un aspetto rassicurante. Ogni tanto qualche villa singola viene assegnata, guarda caso nello stato di fatto, con l’obbligo di smaltire l’amianto. Ma può il Comune avere delle case così conciate e invece di sistemarle o venderle sperare che qualche sprovveduto, inquilino delle case popolari, ci vada a vivere sobbarcandosi i costi. Caro sindaco Sala, mentre gli Uffici comunali perseguitano i privati i cui edifici presentano amianto e gli abitanti del quartiere respirano speranzosi di non ammalarsi, potrebbe occuparsi della faccenda?
Caro Schiavi, effetto Covid: si sente ripetere ossessivamente che «nulla sarà più come prima». Profezia tutta da dimostrare diventata ormai un luogo comune vagamente iettattorio. E poi: «Il modello Milano deve cambiare». Perché? E come? La risposta più banale e conformista è del tipo: basta grattacieli e rivoluzione architettonica e urbanistica; basta grandi eventi, fiere, manifestazioni, mostre rassegne; basta Salone del Mobile e celebrazione del design; basta BookCity, basta sfilate di moda e fashion week, basta shopping selvaggio.
Basta, via tutto questo. O meglio, faremo tutto questo online: acquisti, lezioni scolastiche, lavoro, conferenze, mostre, riunioni, aperitivi con gli amici... Tutto da casa. E pazienza se scompaiono le principali forme di socializzazione. In compenso, tante bici e piste ciclabili, tanti monopattini, poche auto in giro e file di taxi fermi alle stazioni. Sicuro che andrà così e che questo nuovo «modello Milano» sia auspicabile? Sicuro che così migliorerà la qualità della nostra vita? Qualcuno ha fatto i conti di quanti disoccupati produrrà e di quanti punti di Pil costerà al paese questa mutazione genetica di Milano locomotiva del paese. È opportuno farli, questi conti, per evitare tristi risvegli. Anche se io sono ottimisticamente convinto che le cose
Via Melchiorre Gioia
Molto spazio è stato dato alla costruzione del nuovo edificio in via Melchiorre Gioia, dove sorgeva l’edificio di Inps. Chi abita qui, come me, non è per nulla entusiasta di questo continuo edificare in altezza. Siamo circondati, dopo la costruzione della sede della Regione
non andranno così.
Caro Lomartire, è la paura il nemico da vincere, se si potesse superare la paura e avere la certezza di non essere più nel mirino del Covid, saremmo ancora noi, probabilmente. Magari con qualche week in meno e qualche attenzione in più ai quartieri che di Milano sono l’anima o ai negozi di prossimità che abbiamo lasciato per gli ipermercati o allo stesso centro storico che abbiamo svuotato e trasformato in vetrina per stranieri ricchi. La decrescita non è mai felice e nessuno (tranne qualche eccezione) se la augura. Fa male anche al sottoscritto il deserto che perseguita bar, ristoranti, teatri, cinema, ma i 16 mila morti in Lombardia sono lì, e da Milano non si finisce mai di contare. Responsabilità, prudenza e buona sanità ci aiuteranno a uscire dalla crisi: quel «nulla sarà più come prima» si riferisce alla presa d’atto che bisogna fare i conti con l’imponderabile e non farsi cogliere impreparati. Condivido il suo ottimismo, ma penso che le movide, senza contrappeso della cultura non siano segno di ritrovata normalità: sono un eccesso più o meno tollerato. Milano è molto altro, molto di più. È caduta tante volte, e tutte le volte si è rialzata.
Lombardia, da edifici che impattano sulla nostra vita quotidiana in termini di luce, rumore e vivibilità urbana. Di tutto ciò non si parla mai. La pandemia ci ha dimostrato che questa quantità di agglomerati di persone e di uffici si svuotano alla prima emergenza. Tuttavia, invece di cambiare prospettiva, continuiamo a sostenere ciò che non è più sostenibile vendendolo come modernità.
Le cassette postali
In riferimento alla lettera «Cassette postali, funzionamento reale» pubblicata il 20 giugno, desideriamo rassicurare il signor Bartolini sul funzionamento delle cassette d’impostazioni di via Asiago e di viale Monza. Entrambe sono oggetto di manutenzione e restyling. La corrispondenza immessa dai cittadini nelle oltre 800 cassette presenti in città viene quotidianamente raccolta, smistata, per poi essere consegnata attraverso la rete dei portalettere.
I problemi degli edifici alti
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