Sala e gli sfidanti Parte il totonomi a un anno dalle Comunali
Probabile ricandidatura del sindaco. In alternativa primarie con Maran, Majorino e Limonta
Ci si muove in ordine sparso. Cercando di capire cosa farà l’attore principale di questa sceneggiatura che andrà in onda tra un anno, quando i milanesi saranno chiamati a scegliere il nuovo sindaco. Beppe Sala non «spoilera» e con un pizzico di cattiveria aspetterà settembre per dire se si ricandiderà o meno. Nonostante ripeta da giorni che «è un po’ stanchino» i bookmaker azzardano un 80 per cento a favore della ricandidatura.
Ci si muove a tentoni. E in ordine sparso. Cercando di capire cosa farà l’attore principale di questa sceneggiatura che andrà in onda esattamente tra un anno, quando i milanesi saranno chiamati a scegliere il nuovo sindaco. Beppe Sala non «spoilera» e con un pizzico di cattiveria aspetterà settembre per dire se si ricandiderà o meno. Nonostante ripeta da settimane che «è un po’ stanchino» i bookmaker nella sua maggioranza azzardano un 80 per cento a favore della candidatura contro un 20 per cento che scommette sulla rinuncia. Anche perché il sindaco ha ripetuto più volte di voler continuare la sua carriera nel pubblico e la strada principale, a meno che non ci siano rivoluzioni nel governo, è quella della ricandidatura. Se così non fosse e se Sala decidesse di fare come Pisapia un solo mandato, al centrodestra non dispiacerebbe affatto convincere il rettore del Politecnico, Ferruccio Resta a correre per la poltrona di primo cittadino. Personaggio stimato e apprezzato da entrambi gli schieramenti, Resta avrebbe anche la benedizione della Lega almeno quella rappresentata da Giancarlo Giorgetti che con il rettore intrattiene ottimi rapporti. Un’operazione del genere in cui convergerebbe gran parte del centrodestra potrebbe avere anche il via libera di Salvini che in questa tornata sarà il grande distributore di carte ma che per forza di cose e per la realtà milanese, dovrà orientarsi non su un politico ma su un personaggio della società civile. Detto in altri termini sembrano uscire di scena sia Silvia Sardone ma anche Gianmarco Senna. Ieri, l’assessore leghista Bolognini ha tratteggiato l’identikit del candidato del Carroccio, «manager impegnato nel sociale, un uomo sposato con un bimbo e un altro in arrivo». Nomi però non ne ha fatti. Da più parti si parla di Marco Giachetti, presidente della Fondazione Policlinico e grande amico di Salvini che da ministro ha voluto partecipare personalmente all’inaugurazione del museo della Ca’ Granda. In realtà, la Lega non avrebbe ancora individuato una figura specifica e l’ipotesi Resta potrebbe cavare tutti dall’impiccio.
Nel centrodestra i nomi dei rettori o di ex rettori vanno sempre di gran moda. Anche questa volta si è tornato a parlare di Gianluca Vago, ex rettore della Statale, che è anche medico. Altra categoria corteggiata con particolare insistenza da Forza Italia a cui non dispiacerebbe proporre il nome di Alberto Zangrillo, direttore della terapia intensiva del San Raffaele e medico personale di Silvio Berlusconi. Ma Zangrillo non sarebbe l’unico discepolo di Esculapio a cui guardano gli azzurri. Nessun nome, ma il veto su una categoria: niente infettivologi, troppo litigiosi. In queste settimane Berlusconi avrebbe sondato anche rappresentanti del mondo imprenditoriale — c’è chi parla di ambienti vicini a Federlegno — che però non si sarebbero dimostrati interessati. Altro nome che circola è quello di Enrico Pazzali, presidente della Fondazione Fiera. FdI, insieme al mondo che gravita intorno a Stefano Parisi, invece non ha mai dimenticato Gabriele Albertini. La richiesta gliel’ha fatta direttamente il suo ex braccio destro Riccardo
De Corato. «Mi ha risposto con un messaggio: “non ho l’età”. Gli ho ricordato che Biden si è candidato a presidente Usa a 78 anni».
Veniamo al centrosinistra. Se Sala si ricandida finisce lì. Anche la coalizione non subirebbe particolari scossoni, se non la nascita di una lista civico-ambientalista fortemente voluta dallo stesso sindaco. Il Pd non intende cambiare modello: uno schieramento ampio con un centro che guarda a sinistra e una sinistra che guarda al governo. Bisogna vedere cosa faranno gli altri partiti non presenti in Consiglio, Italia Viva di Renzi e Azione di Carlo Calenda. Potrebbero federarsi con Più Europa o correre da soli. In caso Sala rinunci la strada sembra quella delle primarie. Il «sembra» è necessario perché non tutti sono d’accordo sull’obbligatorietà delle primarie. Il ragionamento è: se c’è un candidato condiviso da tutti che bisogno c’è delle primarie? Qualcuno, ad esempio fa il nome di Tito Boeri su cui potrebbero convergere tutti i partiti della coalizione. Ma è altrettanto evidente ed è altrettanto documentato dalla realtà, che se si alza anche uno solo al grido di primarie si dovrà procedere in questo senso. Nei corridoi circolano già dei nomi. Ci potrebbe essere Pierfrancesco Maran, assessore all’Urbanistica, considerato uno dei papabili alla successione di Sala, ci potrebbe essere l’altro Pierfrancesco, l’eurodeputato Pd, Majorino, già assessore ai Servizi sociali e già candidato alle primarie contro Francesca Balzani e lo stesso Sala e infine ci potrebbe essere l’assessore alla Scuola, Paolo Limonta a rappresentare quell’area a sinistra del Pd che deve trovare una sua forma stabile e unire le forze. La seconda puntata a settembre.
Secondo mandato Le previsioni nella maggioranza danno il sindaco in pista all’80 per cento