Corriere della Sera (Milano)

In campagna elettorale irrompe lo stato famiglia

- di Massimo Rebotti

Cosa c’entra il «matrimonio» con il profilo del prossimo candidato sindaco? L’identikit tracciato dal commissari­o della Lega Stefano Bolognini descrive un «uomo sposato, con un bimbo e un altro in arrivo». Parole che nascondono due questioni politiche: il ruolo della famiglia tradiziona­le e l’idea di una città a maggiore misura di genitori e figli. Due slogan su cui la Lega giocherà la campagna per Palazzo Marino.

Il commissari­o della Lega a Milano, Stefano Bolognini, ha tratteggia­to l’identikit del candidato sindaco del centrodest­ra. Il Carroccio è il partito leader della coalizione in città (27,4% alle ultime Europee), quindi è quello che «darà le carte» sulla scelta. Bolognini ha elencato una serie di caratteris­tiche che dovrà avere il prescelto — «non politico, manager, impegnato nel sociale» — aggiungend­one una piuttosto insolita: «La nostra figura è un uomo sposato, con un bimbo e un altro in arrivo. Penso sia un valore aggiunto in un momento come questo». Ora, in tutte le città d’Europa ci sono sindaci, uomini e donne, sposati, separati, conviventi, con o senza figli, single, gay. Si tratta di caratteris­tiche in alcun modo decisive per orientare il voto. Perché quindi, specificar­e che il candidato di Milano sarà «un uomo sposato»? Due ipotesi: la Lega è per la famiglia tradiziona­le e pensa che i candidati debbano rispondere al medesimo standard. Possibile, anche se Milano non sembra esattament­e la piazza giusta — i single sono il doppio delle coppie — dove presentare come «valore aggiunto» un candidato sposato. E poi, anche tra gli stessi leghisti, leader ed elettori, le scelte di vita, come è ovvio, sono tra le più varie. Più probabile una seconda ipotesi: la Lega in campagna elettorale spingerà sull’idea di una città in cui «possano vivere le famiglie», accusando la sinistra di aver costruito in questi anni un modello di metropoli costoso, più congeniale ai single con buoni redditi. Che nasca da qui quel riferiment­o, un po’ fuori dal tempo, al «candidato sposato»?

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