In piazza Fontana incisioni già illeggibili
Le scritte cancellate da smog e usura. Sopralluogo dei tecnici del Comune per la ripulitura
C’erano voluti cinquant’anni per vederli incisi nel cuore della piazza, ma alcuni dei nomi delle 17 vittime della strage di piazza Fontana stanno scomparendo. Sei mesi dopo la posa delle formelle, è difficile accorgersi di quelle «pietre d’inciampo».
Sembra la vigliacca vendetta del tempo. Alcuni dei nomi delle diciassette vittime della strage di piazza Fontana stanno scomparendo. «Cancellati» dalla corsa delle lancette, o più probabilmente dalla sporcizia, dall’usura, dall’inquinamento. C’erano voluti cinquant’anni per vederli incisi nel cuore della piazza. A terra, su formelle di porfido posate a mezzo secolo da quel 12 dicembre del 1969, da quella bomba eversiva che sventrò la sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, per consegnare alla memoria e alle nuove generazioni il prezzo di sangue versato da Milano nel primo atto della strategia della tensione.
Dovevano aiutare a mantenerne vivo il ricordo, ma sei mesi dopo è difficile accorgersi di quelle «pietre d’inciampo». Passeggiando attorno alla fontana a due passi dal Duomo, quasi non si notano. Facile passare oltre, non vedere, non fermarsi, non ripensare alla ferita. Alcune formelle sono di fatto illeggibili. Le scritte — i nomi, le professioni e l’età delle vittime al momento della strage — stanno ingrigendo, finendo per scomparire affogate nel selciato.
Ieri mattina i tecnici di Palazzo Marino hanno fatto un primo sopralluogo per verificare la situazione e lo stato di conservazione delle formelle. Nei prossimi giorni ne sarà programmato un altro. Bisognerà indagare le cause (probabilmente lo sporco, che piano piano si è infilato nei solchi delle incisioni). E poi capire come intervenire, evitando che la «cancellazione» si ripeta in futuro.
Il progetto era stato svelato sei mesi fa. Rientrava nel palinsesto
Pietre d’inciampo di iniziative organizzate per il mezzo secolo passato dalla strage. L’installazione al centro della piazza si completa con un’altra targa, riepilogativa, più grande, sempre posata a terra e fortemente voluta dall’Associazione dei familiari delle vittime. Al contrario della lapide commemorativa posata là vicino un decennio dopo la bomba, che si limita a indicare un generico «attacco eversivo», la nuova targa punta il dito contro gli autori dell’attentato, anche se paradossalmente mai condannati: il «gruppo terroristico di estrema destra Ordine Nuovo».
«Questo è quel che volevamo per avere memoria», aveva detto il presidente dell’associazione delle vittime, Carlo Arnoldi, al momento dell’inaugurazione, avvenuta pochi giorni prima dell’anniversario e della storica visita del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, primo Capo dello Stato che ha voluto essere a Milano per «fare memoria» di quello «strappo lacerante» avvenuto cinquant’anni fa. In quell’occasione, dopo aver salutato i parenti delle vittime, comprese le vedove di Giuseppe Pinelli e di Luigi Calabresi, il presidente Mattarella era intervenuto alla seduta straordinaria del consiglio comunale convocato nell’aula di Palazzo Marino e aveva messo in guardia dalla tentazione di dimenticare: «Non commetteremo l’errore di pensare che siano questioni relegate a un passato più o meno remoto».