Corriere della Sera (Milano)

Precari, saltati in due mesi 54 mila contratti a termine

Gli effetti dell’emergenza sui lavoratori non garantiti

- di Giampiero Rossi

La cassa integrazio­ne e il blocco dei licenziame­nti non tutelano l’esercito invisibile dei lavoratori precari travolti dalla tempesta economica conseguent­e l’emergenza sanitaria. Nel solo bimestre marzo-aprile nell’area metropolit­ana sono spariti 54 mila contratti a termine rispetto a quelli avviati di un anno prima. E chi resta senza reddito si rivolge alla Caritas. Luciano Gualzetti: «Troppa precarietà, noi li aiutiamo a galleggiar­e, ma ora anche gli imprendito­ri devono riflettere».

Stessa città, stessa stagione. Ma un anno dopo all’appello del mercato del lavoro milanese mancano 54 mila contratti. Nell’epoca dei rapporti di lavoro flessibili non equivalgon­o ad altrettant­e persone fisiche, ma in quel buco statistico sono comunque scomparsi i redditi di migliaia di famiglie per le quali la Fase 2 non è mai cominciata. Perché se è vero che, per ora, il blocco dei licenziame­nti sta salvando molti stipendi, è altrettant­o vero che per i contratti a termine non c’è scampo: molti di quelli che erano in scadenza non sono stati rinnovati.

Dall’inizio dell’altra epidemia — quella della nuova povertà — una spia di quanto accade in città sono le richieste che arrivano alla rete della Caritas ambrosiana. Ed è proprio dalla lettura dei profili delle persone che hanno chiesto e ottenuto il sostegno del Fondo San Giuseppe, creato appositame­nte per aiutare chi ha perso il lavoro per effetto dell’emergenza sanitaria, che emerge un dato che deve preoccupar­e: il 21 per cento dei richiedent­i si è ritrovato in condizioni di estremo bisogno di aiuti proprio perché rimasto senza il lavoro precario su cui poggiava la propria (altrettant­o precaria) esistenza fino al 21 febbraio scorso. «Sin dall’inizio del blocco abbiamo notato che si rivolgevan­o a noi persone mai viste prima — spiega Luciano Gualzetti, direttore della Caritas ambrosiana — e ci siamo resi conto che è bastato poco, un paio di settimane di paralisi generale, per vedere questa fascia di cittadini senza tutele scivolare rapidament­e verso la povertà». L’idea che sta dietro al Fondo San Giuseppe, appunto, è quella di «evitare che queste persone siano in caduta libera fino a perdere la casa e la dignità, anche perché poi il costo sociale diventa ancora più elevato». Insomma, proprio mentre il blocco dei licenziame­nti e il periodo di copertura della cassa integrazio­ne vanno verso una proroga, anche Milano deve fare i conti con i molti che stanno attraversa­ndo la tempesta economica senza alcun ombrello protettivo. Difficile stabilire con esattezza di quante persone si tratti, ma i numeri del mercato del lavoro consentono di farsi un’idea sulla dimensioni del problema. I dati dell’Osservator­io del mercato del lavoro della

Città metropolit­ana dicono che, rispetto allo stesso periodo di un anno fa, nel bimestre marzo-aprile 2020 gli avviamenti — cioè i nuovi contratti — sono precipitat­i del 64,6 per cento e gli «avviati» del 55,2 per cento. La differenza tra i due dati è spiegata dal fatto che spesso uno stesso lavoratore firma diversi contratti a termine in succession­e.

Tradotto in numeri assoluti significa che se l’anno scorso in quelle otto settimane erano partiti 98.486 contratti, quest’anno i nuovi rapporti di lavoro sono stati 44.082 in tutto il perimetro metropolit­ano. Dal tonfo complessiv­o si salvano soltanto il settore dell’assistenza sanitaria e della produzione farmaceuti­ca, ma complessiv­amente ci sono 54.004 avviamenti in meno. «Anche qui si è visto il cortocircu­ito del sistema del welfare italiano, per cui le tutele riguardano solo coloro che hanno contratti tradiziona­li, mentre rimangono esclusi tutti gli altri», osserva Elena Buscemi, consiglier­e comunale del Pd con delega alle Politiche per il lavoro della Città metropolit­ana —. I servizi all’impiego dovranno essere pronti per rispondere da settembre alla grande domanda di richieste di intervento». E per quanto riguarda il futuro aggiunge: «Non possiamo limitarci a essere dei “buoni gestori” di questa crisi, ma abbiamo la responsabi­lità di ricostruir­e l’identità della città, sapendo che la ripresa sarà selettiva: non tutti i settori ripartiran­no allo stesso modo». Ma Gualzetti della Caritas chiama in causa anche gli imprendito­ri: «Credo che debbano rendersi conto che un sistema basato su tanta fragilità non conviene a nessuno, neanche a loro».

Il direttore Caritas

«Sosteniamo persone mai viste prima, cittadini senza tutele scivolati nella povertà»

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Solidariet­à Luciano Gualzetti, 59 anni, direttore della Caritas Ambrosiana, nominato da Angelo Scola nel 2016
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Il confronto Elena Buscemi è consiglier­e delegato a Lavoro e Politiche sociali della Città metropolit­ana La Diocesi Luciano Gualzetti è il direttore di Caritas Ambrosiana, il primo laico a ricoprire questo incarico
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Chi sono

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