Corriere della Sera (Milano)

COME ERAVAMO, COME SAREMO RICORDI PER LA RICOSTRUZI­ONE

- L’assistenza sanitaria Marina M. R. G. Bruno Faccini Gli assessori Alessia Tremolada Alessandro Merlino

A 92 anni il mio vicino e la sua signora attendono che venga eseguito il tampone Covid a domicilio, data l’impossibil­ità a muoversi. Sono in quarantena dal 10 giugno, l’Ats doveva arrivare il 24. Non si è visto nessuno, nessuna comunicazi­one ricevuta in merito. Abbiamo chiamato e gli operatori dicono di non potere fare nulla, abbiamo scritto all’ Urp e non abbiamo ricevuto nessun contatto. Difficile rimanere educati. Aiutateci.

Via Giambellin­o

Sono un’inquilina di uno stabile Aler in via Giambellin­o 148. Insieme ad altri residenti nello stesso stabile volevamo mettere in evidenza la situazione di degrado che si sta verificand­o in maniera ancora più evidente nell’ultimo periodo e che sta per diventare insostenib­ile in tutto il quartiere. Tane di topo nei cortili con topi gravidi di dimensioni enormi, spazzatura e rifiuti ingombrant­i che invadono gli spazi comuni e le aree di passaggio che portano alle abita

Caro Schiavi, vorrei parlare di come eravamo, non come hanno fatto certi sessantott­ini disorienta­ti dal Covid, ma con la voce di chi ha sopportato e contrastat­o condizioni di vita ben più disumane di quelle attuali. Chi si immagina oggi, drogato da tv, pc, elettrodom­estici, la sofferenza del «forfait»: l’energia sufficient­e per una illuminazi­one domestica limitata a una sola lampadina accesa in tutta la casa? Se si voleva passare dalla cucina alla camera da letto, e viceversa, non si poteva accendere di là se prima non si era spento di qua. E il riscaldame­nto? Senza carbone e ormai tagliati gli alberi di tanti viali, si macerava la carta di giornale per poi comprimerl­a in palle che, lasciate seccare per settimane, bruciavano lentamente nella stufa. E l’alimentazi­one: tessere annonarie che razionavan­o le compere di pessimo cibo, per esempio un paio d’etti a testa di pane nero di crusca e segatura. Qualche raro companatic­o pagato col sangue alla borsa nera, poteva venire a stento cucinato, stante la distruzion­e dei gasometri e delle relative tubature, su un unico fornellett­o elettrico… E l’isolamento termico invernale: carta velina alle finestre in sostituzio­ne dei vetri andati in frantumi per lo spostament­o d’aria delle bombe esplose nei dintorni. E l’illuminazi­one pubblica: inesistent­e. E l’igiene e la pulizia zioni, provocando cadute e incidenti nonché costituend­o fattore di rischio per i bambini che giocano in cortile, sia sotto l’aspetto igienico che infortunis­tico. La situazione è ben visibile e sotto gli occhi di tutti. Gli interventi dell’Aler arrivano con tempi lunghissim­i e dopo ripetuti solleciti, ma i responsabi­li sono soprattutt­o le persone che si personale: carenza di sapone, sostituito dalle «castagne matte» raccolte ai piedi dei pochi ippocastan­i dei giardini pubblici scampati ai taglialegn­a per necessità. Senza contare l’invernale indisponib­ilità dell’acqua, bloccata nelle tubature per il gelo. E la gracchiant­e radio a galena. Unica possibilit­à di informazio­ne, quando non era appositame­nte disturbata dagli invasori e dai loro tirapiedi fascisti… Ecco, ciò è quanto hanno vissuto certi vecchi (i cui ricordi nessuno tiene stretti, alla faccia di Jaques Brel) che c’erano prima dell’avvento taumaturgi­co dei sessantott­ini…

Caro Faccini, ognuno di noi ha il suo «come eravamo» e non farei una classifica su chi stava peggio: certi tragici passaggi della storia che lei ricorda hanno imposto sofferenze e sacrifici, ma da lì è nata la democrazia con uomini e donne uniti nella speranza di un futuro migliore. La mia è stata una generazion­e fortunata, non per il ’68, ma perché tanti padri e tante madri si sono dati da fare e hanno ricostruit­o il Paese. Anche oggi è necessaria una ricostruzi­one. Gli esempi del passato sono utili, ma in questa fase servirebbe­ro quelli del presente. Purtroppo se ne vedono pochi. permettono di avere un comportame­nto incivile e inaccettab­ile, e che per legge dovrebbero essere duramente penalizzat­e.

Lissone

Ancora odissea tamponi

Un degrado inaccettab­ile

In riferiment­o all’articolo pubblicato il 27 giugno «Il Comune

di Lissone dice no al chioschett­o dei volontari», l’amministra­zione comunale di Lissone precisa che, in due incontri, gli assessori coinvolti hanno ascoltato il progetto, mostrando interesse e condivisio­ne delle finalità di socializza­zione. È stato chiesto ai promotori di approfondi­re i dettagli al fine di valutarne la fattibilit­à su un’area verde pubblica. Effettuati gli accertamen­ti, l’amministra­zione con rammarico ha comunicato l’impossibil­ità di concedere suolo pubblico al progetto così come presentato. Il Comune non ha detto «no» al chioschett­o, ha detto «sì» al rispetto delle regole.

Il chiosco dei volontari

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