COME ERAVAMO, COME SAREMO RICORDI PER LA RICOSTRUZIONE
A 92 anni il mio vicino e la sua signora attendono che venga eseguito il tampone Covid a domicilio, data l’impossibilità a muoversi. Sono in quarantena dal 10 giugno, l’Ats doveva arrivare il 24. Non si è visto nessuno, nessuna comunicazione ricevuta in merito. Abbiamo chiamato e gli operatori dicono di non potere fare nulla, abbiamo scritto all’ Urp e non abbiamo ricevuto nessun contatto. Difficile rimanere educati. Aiutateci.
Via Giambellino
Sono un’inquilina di uno stabile Aler in via Giambellino 148. Insieme ad altri residenti nello stesso stabile volevamo mettere in evidenza la situazione di degrado che si sta verificando in maniera ancora più evidente nell’ultimo periodo e che sta per diventare insostenibile in tutto il quartiere. Tane di topo nei cortili con topi gravidi di dimensioni enormi, spazzatura e rifiuti ingombranti che invadono gli spazi comuni e le aree di passaggio che portano alle abita
Caro Schiavi, vorrei parlare di come eravamo, non come hanno fatto certi sessantottini disorientati dal Covid, ma con la voce di chi ha sopportato e contrastato condizioni di vita ben più disumane di quelle attuali. Chi si immagina oggi, drogato da tv, pc, elettrodomestici, la sofferenza del «forfait»: l’energia sufficiente per una illuminazione domestica limitata a una sola lampadina accesa in tutta la casa? Se si voleva passare dalla cucina alla camera da letto, e viceversa, non si poteva accendere di là se prima non si era spento di qua. E il riscaldamento? Senza carbone e ormai tagliati gli alberi di tanti viali, si macerava la carta di giornale per poi comprimerla in palle che, lasciate seccare per settimane, bruciavano lentamente nella stufa. E l’alimentazione: tessere annonarie che razionavano le compere di pessimo cibo, per esempio un paio d’etti a testa di pane nero di crusca e segatura. Qualche raro companatico pagato col sangue alla borsa nera, poteva venire a stento cucinato, stante la distruzione dei gasometri e delle relative tubature, su un unico fornelletto elettrico… E l’isolamento termico invernale: carta velina alle finestre in sostituzione dei vetri andati in frantumi per lo spostamento d’aria delle bombe esplose nei dintorni. E l’illuminazione pubblica: inesistente. E l’igiene e la pulizia zioni, provocando cadute e incidenti nonché costituendo fattore di rischio per i bambini che giocano in cortile, sia sotto l’aspetto igienico che infortunistico. La situazione è ben visibile e sotto gli occhi di tutti. Gli interventi dell’Aler arrivano con tempi lunghissimi e dopo ripetuti solleciti, ma i responsabili sono soprattutto le persone che si personale: carenza di sapone, sostituito dalle «castagne matte» raccolte ai piedi dei pochi ippocastani dei giardini pubblici scampati ai taglialegna per necessità. Senza contare l’invernale indisponibilità dell’acqua, bloccata nelle tubature per il gelo. E la gracchiante radio a galena. Unica possibilità di informazione, quando non era appositamente disturbata dagli invasori e dai loro tirapiedi fascisti… Ecco, ciò è quanto hanno vissuto certi vecchi (i cui ricordi nessuno tiene stretti, alla faccia di Jaques Brel) che c’erano prima dell’avvento taumaturgico dei sessantottini…
Caro Faccini, ognuno di noi ha il suo «come eravamo» e non farei una classifica su chi stava peggio: certi tragici passaggi della storia che lei ricorda hanno imposto sofferenze e sacrifici, ma da lì è nata la democrazia con uomini e donne uniti nella speranza di un futuro migliore. La mia è stata una generazione fortunata, non per il ’68, ma perché tanti padri e tante madri si sono dati da fare e hanno ricostruito il Paese. Anche oggi è necessaria una ricostruzione. Gli esempi del passato sono utili, ma in questa fase servirebbero quelli del presente. Purtroppo se ne vedono pochi. permettono di avere un comportamento incivile e inaccettabile, e che per legge dovrebbero essere duramente penalizzate.
Lissone
Ancora odissea tamponi
Un degrado inaccettabile
In riferimento all’articolo pubblicato il 27 giugno «Il Comune
di Lissone dice no al chioschetto dei volontari», l’amministrazione comunale di Lissone precisa che, in due incontri, gli assessori coinvolti hanno ascoltato il progetto, mostrando interesse e condivisione delle finalità di socializzazione. È stato chiesto ai promotori di approfondire i dettagli al fine di valutarne la fattibilità su un’area verde pubblica. Effettuati gli accertamenti, l’amministrazione con rammarico ha comunicato l’impossibilità di concedere suolo pubblico al progetto così come presentato. Il Comune non ha detto «no» al chioschetto, ha detto «sì» al rispetto delle regole.
Il chiosco dei volontari