LA SCUOLA E I VOUCHER DIMENTICATI
L’ insufficienza di aule, spazi, personale docente e amministrativo sfida la scuola. Se a settembre istituzioni, politica, sindacati vogliono aiutare alunni, famiglie, docenti con soluzioni concrete e sdrammatizzare il clima di paura, tensione, insicurezza gli strumenti li hanno. Alcuni pratici, sperimentati, altri da approfondire e rendere praticabili.
Facciamo tre esempi da riferire allo spirito ambrosiano, fatto di inventiva e pragmatismo. Il primo, già provato. Nel 2013 la giunta di Giuliano Pisapia, assessore al Bilancio Bruno Tabacci, «inventò» i voucher alle famiglie per accedere a servizi privati e ridurre le liste d’attesa alle materne pubbliche. Il secondo: da attivare. V’è una realtà nazionale cui Milano non è estranea: la probabile chiusura di istituti scolastici privati, religiosi ma non solo. La crisi, riducendo le disponibilità delle famiglie, prosciuga le possibili utenze. Il tema diventa: perché inseguire l’impervia strada d’una ricerca di luoghi alternativi (cinema, teatri, parchi, musei da attrezzare) o di doppi turni e riduzione di ore e non, invece, stabilire un tavolo in cui la scuola pubblica stipula patti con strutture scolastiche private esistenti così come nei mesi scorsi la sanità pubblica è ricorsa a strutture private essendo gli ospedali al collasso. Con condizioni precise, certo, senza abdicazioni o compromessi in termini di laicità, ma senza nemmeno steccati o dogmatismi.
Il terzo esempio riguarda licei e istituti tecnici: ci son già le basi. Milano può fare da traino per il Paese. Si tratta di stringere un patto tra autorità scolastiche, assessorato al Lavoro del Comune, Imprese per sviluppare l’integrazione scuola/lavoro. Ci sono aziende che hanno magazzini e spazi attrezzati, start up che stanno sfornando idee e progetti per la formazione di insegnanti e di figure professionali nuove, per la conversione di luoghi industriali al sociale (si pensi all’ex Ansaldo in via Bergognone), per il coinvolgimento di giovani nell’apprendimento di materie tradizionali e nell’affrontare le domande dei territori e dello sviluppo sostenibile. Il Comune sa che esistono aziende disponibili a investire perché hanno ritorni pubblicitari, se si imbocca una sorta di «rivoluzione» nel rapporto scuola/lavoro, se lo slogan non è usato per pacificare le coscienze, ma via effettiva per ripresa e rilancio. Mete possibili se si parla di distanziamento, mascherine, turni come misure che proteggono mente, salute, relazioni dei giovani in quanto li aiutano a guardare avanti, al futuro. Che sarà loro.