Fase 2 in chiesa Poche famiglie e offerte in calo
La Curia: «Accelerati mutamenti già in atto, uso degli spazi da rivedere». Offerte dimezzate
La messa della domenica è tornata, nelle chiese si rispettano le distanze, ma oltre a questo qualcosa è cambiato: «È presto per dirlo, ma forse sta emergendo un modo nuovo di vivere la fede: meno assembleare e più devozionale». E poi c’è il buco nelle offerte alle messe.
Le paure residue, l’estate che seduce e rapisce i milanesi nei fine settimana o forse perché anche nell’espressione della fede stanno subentrando nuove modalità, figlie della pandemia. Nelle parrocchie ambrosiane la Fase 2 ha riportato la vivacità che da sempre le caratterizza ma ha lasciato parecchi strascichi che segnano ancora la differenza con il passato. Per oltre due mesi anche le messe sono state vietate. Adesso le campane richiamano i fedeli, ma non tutti, o almeno non tutti insieme: il distanziamento è arrivato anche tra le panche delle chiese. La consueta macchina del volontariato ha offerto schiere di persone disponibili a organizzare e a gestire i flussi e i deflussi domenicali, il resto lo ha fatto l’autodisciplina che parroci e vescovi non si stancano di sottolineare. Ma c’è anche chi continua a seguire la liturgia in streaming, da casa. «Innanzitutto dobbiamo distinguere tra città e provincia — premette monsignor Luca Bressan, vicario episcopale della diocesi di Milano — e basta guardarsi attorno in questi fine settimana estivi per rendersi conto delle differenti abitudini: la metropoli si svuota, i paesi della cintura no». Quindi, al di là della riduzione dei posti, i parroci descrivono un’affluenza moderata. «Non si vedono le famiglie con i bambini — osserva don Luigi Caldera, che coordina tre parrocchie a Cesano Boscone — evidentemente perché c’’è ancora prudenza, ma alle messe infrasettimanali l’affluenza non è mica male, praticamente identica a quella di prima dell’epidemia». E intanto la domanda per gli oratori c’è, ma anche questa si è scontrata con le limitazioni imposte dalle cautele sanitarie: piccoli gruppi e attività all’aperto.
Grande disciplina, dunque, volontari a disposizione, ma qualcosa continua a mancare. Per esempio i soldi delle offerte. Per due mesi zero, dopo la riapertura più che dimezzate. «Però quando c’è stato bisogno di coprire le spese per le bollette di una parrocchia le donazioni sono arrivate in pochi giorni», racconta ancora don Caldera. E l’aspetto economico non è affatto secondario. «Credo che dovremo fare una riflessione sull’utilizzo dei tanti spazi che abbiamo nella diocesi — spiega monsignor Bressan — per capire come utilizzarli e anche per evidenti ragioni di bilancio, perché al di là delle offerte alle messe, nei due mesi di blocco totale sono mancate anche cresime, comunioni e matrimoni, che erano fonti di entrate provvidenziali per le parrocchie».
Ma dal punto di vista delle relazioni, cosa è cambiato in questa Fase 2 di una situazione mai sperimentata prima? «Qui, di certo è emerso un nuovo modo di rapportarsi — risponde senza esitazioni don Luigi da Cesano Boscone — più individuale rispetto a prima, un confronto one-to-one come si dice adesso, credo che fosse un bisogno delle persone e in fondo anche di noi preti, perché le persone delle nostre comunità ci sono mancate parecchio».
Don Umberto Bordoni, però, assicura che a Sant’Andrea, in via Crema, «compatibilmente con la riduzione dei posti le persone sono sempre venute alle messe». Certo, i numeri non sono quelli di «prima», ma «la comunità c’è e si vede, e mostra grande disponibilità e disciplina rispetto alla nuova situazione».
Monsignor Carlo Faccendini, abate di Sant’Ambrogio, spiega che ai 200 posti all’interno della basilica «abbiamo aggiunto 70 sedie nel nostri bellissimo atrio che vengono disposti a seconda del giro del sole». L’affluenza non manca, ma non è stato mai necessario mandare via nessuno. «È ancora presto per dirlo, ma potrebbe darsi che per qualcuno sia cambiato il modo di vivere la messa. Noi, intanto, continuiamo a pubblicare le prediche, in forma ridotta, anche su Internet».
In arcivescovado, infatti, si sta riflettendo anche su questo aspetto del tutto nuovo: «Le famiglie hanno imparato a pregare tra loro, in casa, e questa è una bella cosa — osserva monsignor Bressan —
Il parroco Il confronto è necessario alle persone e a noi preti La gente ci è mancata
ma accanto a ciò c’è da considerare l’impatto di mutamenti che erano già in atto e che durante il blocco hanno subito un’accelerazione. A partire dalla tecnologia digitale, che ha contribuito a introdurre qualche mutamento negli appuntamenti della fede, da occasioni assembleari a momenti devozionali».