Corriere della Sera (Milano)

Trivulzio, il virus dell’assenteism­o

La relazione finale fa discutere. Parenti delusi. I vertici del «Pat»: riconosciu­to il nostro sforzo Il direttore generale della Sanità rilancia le accuse della Commission­e: «Fatto gravissimo»

- di Stefania Chiale

Due su tre a casa dal lavoro durante la pandemia: è l’assenteism­o la maggiore «criticità interna» emersa nella relazione della Commission­e d’inchiesta dell’Ats Milano sul Pio Albergo Trivulzio. Ed è il tema su cui si apre il dibattito, le accuse dei parenti delle vittime alla struttura, delle opposizion­i alla Regione, nel plauso invece dei vertici della Baggina. L’assenteism­o ha raggiunto il 57%, il 65% addirittur­a in alcuni reparti e tra gli operatori socio sanitari. «Un fatto gravissimo» denuncia il direttore generale del Welfare Marco Trivelli, che sottolinea la necessità di approntare nei prossimi mesi «un supporto sanitario alle Rsa» e un «Welfare per gli operatori».

L’assenteism­o del personale è la maggiore «criticità interna» emersa dalla relazione, presentata ieri a Palazzo Lombardia e anticipata dal Corriere, della Commission­e d’inchiesta dell’Ats Milano sul Pio Albergo Trivulzio. Sulla mancata presenza di 2 operatori su 3 durante la pandemia si concentra il dibattito, si tirano le fila per gli interventi da fare nei prossimi mesi e piovono accuse dai parenti delle vittime. Tra le «criticità esterne», la scarsa disponibil­ità di dispositiv­i di protezione individual­e e la tardiva tracciatur­a mediante tamponi acconsenti­ta dal Ministero della Salute.

Riguardo al Pat, oggetto delle indagini della Procura di Milano e dove durante la pandemia sono morti 300 ospiti, la relazione fa chiarezza su alcune delle accuse mosse in questi mesi (come il divieto di trasferime­nto in ospedale, «smentito» dai 14 effettuati) e sull’«eccesso di mortalità», che al Pat è stato «di molto inferiore rispetto a quello medio delle altre Rsa, con un rapporto tra decessi osservati e attesi di 2,9 contro 3,7».

L’alto tasso di assenteism­o del personale (900 operatori in tutto) «ha reso difficile dare una risposta sostanzial­e a bisogni di assistenza così grandi», commenta il direttore generale del Welfare di Regione Lombardia Marco Trivelli. Si partiva da livelli già «piuttosto elevati», pari al 30% della forza lavoro assente prima dell’emergenza, ma tra il 21 febbraio e il 3 giugno si

sono raggiunti «livelli straordina­ri di assenze», che hanno interessat­o il 57% della forza lavoro, in alcuni reparti e per alcune figure addirittur­a il 65% («operatori socio sanitari soprattutt­o, la parte più numerosa del personale», precisa il direttore sanitario dell’Ats Milano Vittorio Demicheli). Mentre i congedi per infortunio sul numero dei presenti sono stati il 9%.

«Un elemento gravissimo», dice Trivelli, e «distonico rispetto a come la gran parte degli operatori sanitari ha lavorato in questa emergenza: in modo assoluto, generoso e creativo». Un dato che «pone il problema di “chi è” il Pat, una struttura di tutti e di nessuno». Perché «non bastano le regole: è la partecipaz­ione di chi lavora che fa la qualità e la differenza nella risposta a un’emergenza». Non si può certo non tenere a mente la carenza di dispositiv­i di protezione individual­e, che potrebbe aver spinto lavoratori già poco tutelati ad assentarsi. «Sicurament­e la differenza di tutela spiega una parte del problema — ammette Demicheli —. Ma la paura di prendere la malattia in quel momento l’avevamo tutti: anche in altre strutture mancavano mascherine, ma non si sono verificati quei livelli di assenze». Per questo, nei prossimi mesi occorre approntare, secondo Trivelli, «un supporto sanitario» per le Rsa — «il personale prevalente­mente non appartiene alle profession­i sanitarie», mentre «oggi gli ospiti hanno un fabbisogno sanitario importante» — e «un Welfare per gli operatori, che devono essere consapevol­i delle loro responsabi­lità e messi in condizioni di poter operare».

Plauso per i risultati della Commission­e d’inchiesta arriva dai vertici della «Baggina». La relazione «fa giustizia del grande lavoro fatto nelle eccezional­i e gravi condizioni in cui si è sviluppata la pandemia a Milano», commentano Maurizio Carrara e Giuseppe Calicchio, presidente del Consiglio di indirizzo e direttore generale del Pat. Delusione invece da parte del comitato parenti delle vittime. Per Alessandro Azzoni, presidente dell’Associazio­ne Felicita, «la relazione rende evidente la volontà di nascondere il problema pregresso dell’assenteism­o il quale, a maggior ragione, doveva essere segnalato e non nascosto per celare l’emergenza». Critiche dal Pd: «Dopo tutto quello che è accaduto, la Regione punta il dito contro il personale parlando di assenteism­o: durante la fase 1 a chi si ammalava non venivano fatti i tamponi, né c’erano mascherine».

 Prima linea Far ricadere decisioni organizzat­ive sbagliate su chi esegue direttive è irrispetto­so per tutti quelli che hanno operato in prima linea e pagato anche sulla propria pelle

 Tamponi Chi aveva la febbre si è messo in isolamento e non poteva tornare al lavoro prima del tampone, ma per un tampone sono servite settimane La disorganiz­zazione è stata totale

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(Piaggesi). (Ansa) La sede Sopra, il direttore sanitario di Ats Milano Vittorio Demicheli; sotto, il dg Welfare della Regione Marco Trivelli A destra, la protesta davanti al Pat
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