Trivulzio, il virus dell’assenteismo
La relazione finale fa discutere. Parenti delusi. I vertici del «Pat»: riconosciuto il nostro sforzo Il direttore generale della Sanità rilancia le accuse della Commissione: «Fatto gravissimo»
Due su tre a casa dal lavoro durante la pandemia: è l’assenteismo la maggiore «criticità interna» emersa nella relazione della Commissione d’inchiesta dell’Ats Milano sul Pio Albergo Trivulzio. Ed è il tema su cui si apre il dibattito, le accuse dei parenti delle vittime alla struttura, delle opposizioni alla Regione, nel plauso invece dei vertici della Baggina. L’assenteismo ha raggiunto il 57%, il 65% addirittura in alcuni reparti e tra gli operatori socio sanitari. «Un fatto gravissimo» denuncia il direttore generale del Welfare Marco Trivelli, che sottolinea la necessità di approntare nei prossimi mesi «un supporto sanitario alle Rsa» e un «Welfare per gli operatori».
L’assenteismo del personale è la maggiore «criticità interna» emersa dalla relazione, presentata ieri a Palazzo Lombardia e anticipata dal Corriere, della Commissione d’inchiesta dell’Ats Milano sul Pio Albergo Trivulzio. Sulla mancata presenza di 2 operatori su 3 durante la pandemia si concentra il dibattito, si tirano le fila per gli interventi da fare nei prossimi mesi e piovono accuse dai parenti delle vittime. Tra le «criticità esterne», la scarsa disponibilità di dispositivi di protezione individuale e la tardiva tracciatura mediante tamponi acconsentita dal Ministero della Salute.
Riguardo al Pat, oggetto delle indagini della Procura di Milano e dove durante la pandemia sono morti 300 ospiti, la relazione fa chiarezza su alcune delle accuse mosse in questi mesi (come il divieto di trasferimento in ospedale, «smentito» dai 14 effettuati) e sull’«eccesso di mortalità», che al Pat è stato «di molto inferiore rispetto a quello medio delle altre Rsa, con un rapporto tra decessi osservati e attesi di 2,9 contro 3,7».
L’alto tasso di assenteismo del personale (900 operatori in tutto) «ha reso difficile dare una risposta sostanziale a bisogni di assistenza così grandi», commenta il direttore generale del Welfare di Regione Lombardia Marco Trivelli. Si partiva da livelli già «piuttosto elevati», pari al 30% della forza lavoro assente prima dell’emergenza, ma tra il 21 febbraio e il 3 giugno si
sono raggiunti «livelli straordinari di assenze», che hanno interessato il 57% della forza lavoro, in alcuni reparti e per alcune figure addirittura il 65% («operatori socio sanitari soprattutto, la parte più numerosa del personale», precisa il direttore sanitario dell’Ats Milano Vittorio Demicheli). Mentre i congedi per infortunio sul numero dei presenti sono stati il 9%.
«Un elemento gravissimo», dice Trivelli, e «distonico rispetto a come la gran parte degli operatori sanitari ha lavorato in questa emergenza: in modo assoluto, generoso e creativo». Un dato che «pone il problema di “chi è” il Pat, una struttura di tutti e di nessuno». Perché «non bastano le regole: è la partecipazione di chi lavora che fa la qualità e la differenza nella risposta a un’emergenza». Non si può certo non tenere a mente la carenza di dispositivi di protezione individuale, che potrebbe aver spinto lavoratori già poco tutelati ad assentarsi. «Sicuramente la differenza di tutela spiega una parte del problema — ammette Demicheli —. Ma la paura di prendere la malattia in quel momento l’avevamo tutti: anche in altre strutture mancavano mascherine, ma non si sono verificati quei livelli di assenze». Per questo, nei prossimi mesi occorre approntare, secondo Trivelli, «un supporto sanitario» per le Rsa — «il personale prevalentemente non appartiene alle professioni sanitarie», mentre «oggi gli ospiti hanno un fabbisogno sanitario importante» — e «un Welfare per gli operatori, che devono essere consapevoli delle loro responsabilità e messi in condizioni di poter operare».
Plauso per i risultati della Commissione d’inchiesta arriva dai vertici della «Baggina». La relazione «fa giustizia del grande lavoro fatto nelle eccezionali e gravi condizioni in cui si è sviluppata la pandemia a Milano», commentano Maurizio Carrara e Giuseppe Calicchio, presidente del Consiglio di indirizzo e direttore generale del Pat. Delusione invece da parte del comitato parenti delle vittime. Per Alessandro Azzoni, presidente dell’Associazione Felicita, «la relazione rende evidente la volontà di nascondere il problema pregresso dell’assenteismo il quale, a maggior ragione, doveva essere segnalato e non nascosto per celare l’emergenza». Critiche dal Pd: «Dopo tutto quello che è accaduto, la Regione punta il dito contro il personale parlando di assenteismo: durante la fase 1 a chi si ammalava non venivano fatti i tamponi, né c’erano mascherine».
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