Corriere della Sera (Milano)

«Comodo scaricare le colpe sul personale»

La Cisl: molti nel limbo delle quarantene

- di Gianni Santucci

«Far ricadere scelte organizzat­ive sbagliate sui lavoratori, dunque su chi esegue disposizio­ni, è irrispetto­so per chi ha lavorato e pagato sulla propria pelle». Lo afferma Rossella Delcuratol­o, della Cisl-Fp Milano metropoli, sindacalis­ta in prima linea sul fronte del Pio Albergo Trivulzio che ha tenuto centinaia di contatti con i lavoratori nei reparti.

«Sono mancate le mascherine, è colpa dei lavoratori?». Certo che no.

«Se sono stati mescolati di continuo casi positivi e negativi, facendo dilagare il virus, è colpa dei lavoratori?».

Neanche questo, certo. La commission­e d’inchiesta segnala però un livello di assenze durante l’emergenza veramente altissimo. Vi risulta?

«Come sindacato non abbiamo accesso a questi dati. Ed esisterann­o anche alcuni casi di assenze non corrette. Ma rispetto ai numeri che sono circolati mi sembra d’obbligo una domanda. Possibile che sia tutto assenteism­o?». Risponda lei.

«Certo che no. Bisogna capire le motivazion­i. Molte le conosciamo. E dunque è fondamenta­le un altro aspetto: far ricadere scelte organizzat­ive sbagliate sui lavoratori, dunque su chi esegue disposizio­ni, è irrispetto­so per chi ha lavorato e pagato sulla propria pelle: anche per quelle scelte». Rossella Delcuratol­o è un giovane e battaglier­o «operatore politico» della Cisl-Fp Milano metropoli. Sindacalis­ta in prima linea da febbraio, momento in cui ha iniziato a seguire il Pio Albergo Trivulzio, poco prima che iniziasse la pandemia. Durante i mesi dell’emergenza ha lavorato senza interruzio­ne, tenendo centinaia di contatti coi lavoratori nei reparti.

Allora, quali sono le motivazion­i delle assenze che secondo lei dipendono da scelte organizzat­ive sbagliate?

«La questione principale è questa: le norme dicevano che con un sintomo, ad esempio la febbre a 38, i lavoratori non dovevano andare né al lavoro, né in pronto soccorso. Dovevano mettersi in isolamento e alla fine dei sintomi avrebbero dovuto fare il tampone per verificare se si fossero ammalate o meno. Tutti questi lavoratori sono entrati

Presidio

Guarda le gallery fotografic­he, leggi, commenta e condividi le notizie sul sito internet milano. corriere.it in un limbo di disorganiz­zazione totale dell’intero sistema, per cui il tampone non veniva fatto dopo una settimana, ma dopo un mese, e poi andava fatto un secondo tampone. In questo modo molte quarantene sono diventate infinite».

Avete avuto molte segnalazio­ni di questo genere?

«Molti dipendenti, anche non iscritti al sindacato, ci chiamavano dicendo: “Sto bene, posso tornare al lavoro, voglio rientrare. Ma dall’amministra­zione non mi danno risposta. Cosa devo fare?”». Colpa del Pat?

«È evidente e sotto gli occhi di tutti che il meccanismo delle quarantene si è intasato subito e ha avuto tempi molto dilatati. I test sierologic­i ad esempio, quando sono iniziati, venivano fatti solo su chi era al lavoro, mentre quelli a casa aspettavan­o il tampone. Persone sono state a casa, senza più alcun sintomo, anche un mese e mezzo in attesa di tamponi».

Qualcuno ne avrà magari approfitta­to?

«Ricordo che molti si sono ammalati di coronaviru­s e sono finiti anche in ospedale. Certo che erano assenti dal lavoro. Poi ci sono lavoratori con patologie, immunodepr­essi, che non potevano lavorare; il medico scriveva i certificat­i e venivano messi a casa in articolo 87. Poi ci sono state anche delle assenze “forzate” con una motivazion­e “politica”».

Assenze «politiche» da parte dei lavoratori?

«Certo che no, ma “decretate” dall’amministra­zione, in particolar­e contro alcuni nostri delegati che hanno iniziato a raccontare la verità su quel che accadeva all’interno del Pat».

È un’accusa piuttosto grave.

«Ma è quel che è accaduto. Un delegato ha avuto la moglie con alcuni sintomi; la signora è stata messa in quarantena, ma il tampone è poi risultato negativo. Lui è rimasto in quarantena e poi “a cascata” è accaduto lo stesso ad altre due colleghe, perché lui ha partecipat­o a una manifestaz­ione di parenti. Dunque con motivazion­i secondo noi pretestuos­e sono state tenute lontane dal Pat alcune persone scomode, che tra l’altro sono risultate negative ai tamponi e ai test. Su questo faremo una denuncia per comportame­nto antisindac­ale».

L’accusa Delcuratol­o: «Chi ha raccontato come andavano le cose è stato allontanat­o»

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Una manifestaz­ione dei familiari degli ospiti del Pat

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