Fermati i baby-predoni del parco Solari
Calci e pugni per rubare cellulari e scarpe griffate. Indagini dal centro a Citylife
Aggredivano i coetanei con calci e pugni per rubare il cellulare o le scarpe di marca. Ma più che la rapina era la violenza gratuita l’obiettivo della baby gang smantellata dagli agenti del commissariato Porta Genova. I poliziotti hanno eseguito quattro ordini di custodia cautelare nei confronti di due italiani, un cingalese e un salvadoregno. Uno è in carcere, gli altri in comunità. Dieci gli episodi contestati tra l’estate e l’autunno 2020. Ma sotto indagine potrebbero presto finire altri otto ragazzi e ragazze. I baby rapinatori, infatti, agivano in gruppo: quindici giovani per colpire a calci e pugni le vittime. Dal centro a Citylife cresce l’allarme per risse e aggressioni.
Le vittime non venivano scelte a caso. Anzi, i ragazzi le studiavano, controllavano marca e modello del cellulare, del giubbotto o delle scarpe e appena la «preda» restava sola entravano in azione. Giovani tra i 13 e i 16 anni. Il copione sempre identico: un primo gruppo, quello dei più violenti, avvicinava la vittima con una scusa: la richiesta di una sigaretta o di pochi spiccioli in prestito. Poi arrivano altri giovani che la circondavano per impedirgli di fuggire e creare un «muro umano» che nascondesse quanto stava succedendo agli occhi di passanti e curiosi. Il resto erano calci, pugni, spintoni, minacce e insulti.
Una serie impressionante di episodi finiti sotto indagine e avvenuti sempre nella zona del Parco Solari. Dieci quelli che gli agenti della squadra investigativa del commissariato Porta Genova hanno contestato a quattro ragazzi che sono stati colpiti da una misura cautelare emessa dal Tribunale dei minori. Uno è finito al Centro di prima accoglienza del carcere Beccaria, mentre gli altri tre sono in comunità. Si tratta di due italiani, un cingalese e un salvadoregno. Ma le indagini dei poliziotti, diretti da Roberto Guida, continuano anche su altri episodi avvenuti all’inizio del 2021. Rapine e aggressioni che vedevano la partecipazione di almeno una quindicina di giovani, tanto che oltre ai quattro riconosciuti con precisione dalle vittime, ci sono altri otto minori che potrebbero finire indagati. I casi più recenti sono invece una quindicina, almeno secondo le denunce delle giovani vittime. Ma non si esclude che ci possano essere altre rapine o aggressioni non denunciate per paura o per vergogna.
Il bottino spesso si limitava a pochi soldi, al cellulare o a scarpe, felpe e giubbotti di marca. Il tutto con una violenza di gruppo e un accanimento che secondo i magistrati era oltremodo ingiustificato. Gli episodi contestati vanno dalla fine dell’estate 2020 ai primi di novembre. Ma si concentrano in particolare nel periodo autunnale.
Nel gruppo anche diverse ragazze. Tutti, secondo i primi esiti delle indagini provengono dai quartieri Lorenteggio, Giambellino e dalla zona Savona-Tortona. I colpi si sono verificati all’interno del Parco don Giussani (ex Solari) e nei giardinetti della vicina via Dezza. Ma come venivano scelte le vittime? Secondo gli investigatori si trattava di giovani di gruppi «opposti», ragazzi che in questi mesi sono stati protagonisti anche di pestaggi e piccole risse legate a insulti e scontri partiti via social. Conti tra «compagnie» che vengono poi regolati a botte, come visto sempre più spesso negli ultimi mesi nei quartieri milanesi e anche nell’hinterland con il suo apice nella maxi rissa di Gallarate (Varese). Poi alcuni elementi venivano «curati» e seguiti a distanza per essere aggrediti e rapinati a calci e pugni quando si trovavano da soli.
Un fenomeno, quello delle faide tra baby gang, che sta sempre più infiammando Milano. Come denunciato da molti gruppi di genitori e anche dai dirigenti degli istituti scolastici della zona di City life. Un anno fa proprio gli agenti del commissariato Porta Genova avevano scoperto gli autori di tre rapine con aggressioni. In altri casi erano stati i carabinieri a chiudere il cerchio sulle baby gang che agivano intorno all’Arco della Pace. A volte i gruppi prendono di mira anche negozi dove vengono rubati oggetti e vestiti di marca per poi fuggire di corsa dopo aver spintonato gli addetti alla sicurezza, in altri casi sono i commercianti dei piccoli market etnici a farne le spese. I ragazzi entrano in comitiva per prendere patatine e superalcolici poi fuggono senza pagare.
Secondo gli investigatori dietro gli scontri non ci sarebbero quasi mai ragioni «territoriali» o di appartenenza a un quartiere. A innescare le «guerre» sono spesso episodi che avvengono nel mondo virtuale dei social (come una settimana fa in piazza Duomo) magari legati a insulti a ragazze o a video di sfida postati via Instagram o Tik Tok. Ma le botte sono reali. E le conseguenze penali anche.