Corriere della Sera (Milano)

LA MADRE ARROGANTE E L’IMPEGNO CHE MANCA

- di Isabella Bossi Fedrigotti ibossi@corriere.it

Scrive la lettrice Barbara Bruni, ancora esterrefat­ta per cosa le è capitato: «In una strada del centro mi viene incontro una giovane signora particolar­mente elegante con per mano una bambina di 6-7 anni, entrambe prive di mascherina. Quando le incrocio mi permetto di chiedere alla mamma di coprirsi naso e bocca per lo meno al momento in cui qualcuno le si fa incontro. Con tono bamboleggi­ante e sfottente, risponde: “Non vede che sto parlando con la bimba?”. Ed io: “Si può parlare benissimo anche con la mascherina”. Alla risposta divagante ho cercato di spiegarle il pericolo che correva e faceva correre ad altri, quando la bimba si è messa a farmi il verso — ba, ba, ba, ba, ba — senza che la mamma le dicesse nulla: anzi, le ha sorriso. Mi sono compliment­ata per l’educazione della figlia e me ne sono andata, certissima di avere soltanto perduto tempo e cessando di meraviglia­rmi per l’aumento dei contagi». Del malcostume dei tanti, troppi smascherat­i milanesi si è già detto e ripetuto. A quei numerosi verrebbe voglia di chiedere se non hanno un familiare che lavora(va) in un negozio, in una palestra, in un bar, in un ristorante: non si rendono conto di contribuir­e a nuovi lockdown che finiranno per mandare in malora forse un loro padre, forse un fratello, uno zio, un amico? Quanto alla maleducazi­one della bambina che ha fatto il verso alla lettrice, si può soltanto constatare che promette bene visto che ha avuto l’approvazio­ne sorridente di sua madre. Ma la questione della noneducazi­one dei giovani è serissima e l’assenza di scuola non può che diffonderl­a ancora di più. Qualche giorno fa ne ha scritto in queste pagine don Antonio Mazzi che da anni si occupa del recupero di ragazzi difficili. Ci vorrebbe, sostiene, invece di un ministero dell’Istruzione, un ministero dell’Educazione che non si occupi solo di scuola ma anche di formazione. Chiede un ministero, don Antonio, perché ha esperienza del fatto che molti genitori, per stanchezza o debolezza, hanno smesso di educare i figli. I quali ne avrebbero il sacrosanto diritto: per una vita migliore anche se non necessaria­mente più facile.

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