Le «school» dimenticano l’effetto Expo
Turisti e stranieri, in crisi i corsi di italiano Crollano le iscrizioni agli istituti di lingue e alle classi per traduttori e interpreti «Esclusi dai ristori: appello al governo»
Apartire dal 2015, con l’effetto Expo, «Milano ha vissuto un’esplosione anche del turismo mordi e fuggi. Noi lavoravamo a pieno ritmo dodici mesi l’anno, davamo lavoro a 16 insegnanti di italiano e a due impiegati. Adesso è un anno esatto che siamo chiusi. E per noi non ci sono ristori. Il nostro settore è stato completamente dimenticato. Siamo passati da un fatturato sui 400 mila euro l’anno a forse 4 mila. Con un quadro del genere è difficilissimo riuscire a reggere, con affitto e tasse da pagare». Manuela Manzelli è una dei titolari della scuola «Spaziolingua» di via Carducci, a Milano, specializzata nell’insegnamento dell’italiano agli stranieri. Un pubblico che, fino a un anno fa, spaziava dagli universitari fuori sede ai dipendenti stranieri delle multinazionali. Ma anche da turisti che approfittavano del soggiorno in città per un mini corso intensivo di italiano. Di questi potenziali studenti oggi non c’è più traccia. «Fare corsi online? Abbiamo provato, ma non si vendono. Questi studenti cercavano anche la possibilità di fare gruppo e conoscenze, trovandosi all’estero», dice Manuela. Non va meglio a chi insegna le lingue straniere agli italiani, come racconta Manuel Carcassi, titolare di New English Teaching, scuola con 20 sedi in Italia (undici tra Milano e Varese) e 63 dipendenti. «Abbiamo finito lo scorso anno scolastico in dad, ma a settembre il 50 per cento degli allievi non si è riscritto, con picchi del 90 per cento nel caso dei bambini più piccoli, fra i 3 e gli 8 anni. I genitori preferiscono aspettare, perché la lezione in classe, soprattutto per loro, è un’esperienza totalmente diversa», racconta Carcassi che, per venire incontro alla clientela, durante il primo lockdown ha offerto, al posto delle lezioni non fruite (da chi non voleva proseguire con i corsi online), alcuni voucher biennali e cedibili. «Il progetto linguistico non è mordi e fuggi — aggiunge — va garantito un percorso serio agli studenti». La crisi che stanno vivendo le scuole di lingue e le imprese di traduzione e interpretariato in Italia è molto forte. Il 23 febbraio, nove associazioni di categoria, tra cui Federlingue Confcommercio ha inviato un’istanza urgente al governo. Tra le richieste, quella di poter riprendere i corsi in presenza. E poi adeguati contributi a fondo perduto, perché il blocco delle attività in presenza ha comportato una riduzione di iscrizioni con perdite di fatturato fino al 90%.
A Milano, il circuito di queste imprese vede 370 scuole, con 1.461 addetti. Aziende al femminile, con titolari donne quasi nella metà dei casi. «C’è il rischio che molte imprese chiudano, provocando un grave impoverimento anche nella competitività del Paese. Si tratta di enti che offrono una formazione linguistica e professionale di qualità» denuncia Elena Cordani, presidente di Federlingue, per cui la priorità è riaprire. «I nostri studenti frequentano corsi un paio di volte la settimana, in orari di morbida. Non si creerebbe assembramento. Ora che anche le superiori vanno in classe al 50 per cento, perché non darci questa possibilità?». Le associazioni chiedono anche uno snellimento delle procedure burocratiche per i traduttori. Oggi chi traduce un documento ufficiale valido all’estero (è il caso delle gare d’appalto) deve recarsi in Tribunale a giurare di aver tradotto fedelmente. In altri casi, poi, occorre andare in Procura e far legalizzare la firma del cancelliere. «Al governo chiediamo di digitalizzare questa procedura con una pec: sarebbe un grande passo avanti» conclude Cordani.
I fallimenti C’è il rischio che molte imprese chiudano, impoverendo la competitività del Paese
Elena Cordani
Federlingue
Gli affari Da 400 mila a 4 mila euro l’anno di fatturato: impossibile riuscire a reggere con affitto e tasse Manuela Manzelli
Spaziolingua