Albertini spiazza il centrodestra
Si sfila e lancia un ticket da vice con Fabio Minoli. Riparte il totocandidati: pressing su Lupi, Salvini prende tempo
Settimane di pressing, corteggiamento pubblico, speranze di aver rintracciato finalmente un candidato sindaco da contrapporre a Beppe Sala, per poi ritrovarsi al punto di partenza. Dopo il lungo tira e molla, Gabriele Albertini conferma il suo «No» alla proposta di vestire per la terza volta i panni di candidato del centrodestra. Salvini non si abbatte: «Individueremo un uomo o una donna all’altezza il prima possibile. Ci troveremo in settimana per decidere». E allora, si torna a sfogliare la solita margherita «civica» che finora non ha convinto: Rasia dal Polo, Crolla, Olivares. Crescono le quotazioni di Riccardo Ruggiero, mentre il nome nuovo è quello di Fabio Minoli, direttore comunicazione di Bayer Italia. Resta poi la suggestione Maurizio Lupi.
Alla fine Gabriele Albertini s’è rivelato per il centrodestra l’equivalente di quella carta «riparti dal via» che è un po’ l’incubo di chiunque abbia provato a raggiungere il traguardo al Gioco dell’Oca. Settimane di pressing, corteggiamento pubblico, speranze di aver rintracciato finalmente un candidato sindaco da contrapporre a Beppe Sala, per poi ritrovarsi al punto di partenza. In quella Milano che fu la culla della coalizione manca ancora l’alfiere che possa mettere in scacco il centrosinistra.
Salvini incassa il rifiuto senza abbattersi. «Individueremo un uomo o una donna all’altezza il prima possibile», giura il leader leghista: «Ci troveremo in settimana per decidere». Anche Cristina Rossello, commissario di Forza Italia a Milano, non dispera. «L’attenzione che Milano ha avuto per Albertini dimostra che la nostra strada è giusta nel voler cercare un capo che riesca a coniugare tecnica, dinamismo, concretezza e competenza», commenta: «La rosa dei candidati è vasta e molto interessante. E in ogni caso l’incontro al vertice che si terrà nei prossimi giorni saprà approfondire i requisiti e le caratteristiche più adeguate per un candidato vincente e convincente». Anche da FdI provano a «guardare avanti: i nomi autorevoli non mancano — dice l’eurodeputato Carlo Fidanza — spetterà ai leader fare la sintesi. Noi ci auguriamo possa avvenire quanto prima per partire subito con la campagna elettorale».
E allora, si ricomincia. Si torna a sfogliare la solita margherita «civica» che finora non ha convinto del tutto. L’equilibrio fra le forze della coalizione s’è da tempo trovato sull’ipotesi di profili della società civile in tutte le principali città che si preparano al voto, così da disinnescare tensioni interne e possibili rivendicazioni. I nomi sono sempre gli stessi, semmai cambiano le posizioni in classifica. Scende il comunicatore Roberto Rasia dal Polo. È stabile Simone Crolla, della camera di commercio Usa in Italia. Crescono le quotazioni di Riccardo Ruggiero, ex ad di Telecom, dove fu «capo» di Sala. Tra i nomi al femminile resiste Federica Olivares, editrice e docente di comunicazione. I dubbi sono sulla «forza» e la notorietà di questi profili. Forse è per questo che il leghista Stefano Bolognini insiste, più che sul singolo, sull’importanza di «una squadra che sappia ascoltare i bisogni della città e sappia liberare la voglia di ripartire dei milanesi». Quasi una riedizione del tormentone della «giunta che conta», nato cinque anni fa per puntellare Sala a sinistra. L’ultima novità è invece Fabio Minoli, ipotesi avanzata dallo stesso Albertini in ritirata. Direttore comunicazione e rapporti istituzionali di Bayer Italia, Minoli è laureato in Giurisprudenza e, oltre al presente da comunicatore d’impresa, ha un passato fatto anche di esperienze in politica: è stato prima coordinatore lombardo e poi parlamentare di FI. Ma dissolta la carta Albertini, dietro le quinte resta un’altra possibile «riserva della Repubblica» di centrodestra. Maurizio Lupi è fin dal giorno uno il sogno di Silvio Berlusconi, ma anche in questo caso non mancano le resistenze tra gli alleati. E allora, non è escluso che la Lega non possa decidere in extremis di far pesare la sua leadership e schierare una «sua» candidatura.