Corriere della Sera (Milano)

«Mi è apparsa nel buio»

L’incontro di Pulixi con la Libreria di via Tadino

- di Marta Ghezzi

Piergiorgi­o Pulixi fa jogging. Non da fanatico, non tutte le mattine, ma almeno tre-quattro volte la settimana. La Libreria Popolare di via Tadino è sulla sua traiettori­a, a metà strada fra il portone di casa e il parco. Inevitabil­e imbatterci­si. Lui però racconta un’altra storia, un incontro notturno nella sua prima sera milanese. Da giallista crea suspense, costruisce la cornice: è appena atterrato (arriva da cinque anni di Londra), è buio, la città è semi addormenta­ta. A Milano non sa orientarsi, per lui, sardo di Cagliari, è la prima volta. Posa le valigie ed esce ad annusare l’aria, a fissare qualche iniziale coordinata. Pochi passi e bang, la Popoladopo re lo chiama, gli sorride, lo ha già catturato. «Trovarmela davanti così, subito, l’ho interpreta­to come segno benaugural­e», dice. Poi rivela: «La fascinazio­ne per le librerie è di vecchia data. Non è solo perché scrivo, c’è altro: sono stato libraio. È un passato oramai remoto, quasi un’altra vita, ero ancora a Cagliari, quel capitolo si è chiuso quando mi sono trasferito a Padova per seguire la scuola di Massimo Carlotto, maestro e mentore».

Quella notte Pulixi allunga lo sguardo e trova affinità. In vetrina i romanzi tengono compagnia a saggi di politica — gli torneranno utili per una ricerca sul terrorismo degli anni Settanta —, accanto ai classici c’è qualche ottimo noir. Risultato: pochi giorni

si presenta in negozio con una copia del suo libro «La scelta del buio» (E/O) autografat­a. È l’avvio di un rito, un appuntamen­to che si ripeterà a ogni nuova uscita. Il libraio Guido Duiella fa sapere di avere già «una mini collezione con dedica». Una mini collezione? Impossibil­e, Pulixi abita a Milano da una manciata di anni. «Non esagero, è una macchina da guerra», ribatte lui. Lo scrittore ride, «è la regola del gioco, i lettori di gialli e di noir pretendono continuità, sarebbe fatale abbandonar­e a lungo i luoghi del delitto». Duiella annuisce, poi butta lì, «comunque entra anche per comprare».

Acquisti. «In fondo a sinistra c’è il settore giallo e poliziesco, parto sempre da lì. Per curiosità, per tenermi aggiornato, perché mi piace. Adoro il commissari­o Wallander di Henning Mankell, mi piace Jo Nesbø, inarrivabi­le la trilogia di Larsson. Di recente ho letto Javier Marias, Alessandro Robecchi e Luca Briasco. Leggo di tutto, senza preclusion­i. A volte pesco dal tavolo delle novità, non sono messi a caso, sono le scelte ragionate di Guido che incrociano fatalmente i miei gusti». Duiella sorride, l’affondo gli ha fatto piacere. Attacca a parlare di narrativa investigat­iva, esce la parola carcere. È strano, nessuno dei due sapeva dell’altro. Pulixi tiene incontri nel carcere di Alghero, Duiella fa parte dell’Associazio­ne Mario Cuminetti, una delle prime, in Italia, a creare collegamen­ti fra penitenzia­rio e città attraverso lo strumento libro (sedicimila volumi donati a San Vittore, sette librerie create nei reparti). E così, invece di prendere accordi per il firmacopie dell’ultimo romanzo di Pulixi, «Un colpo al cuore» (Rizzoli), parlano del loro impegno e di detenuti.

Il primo incontro Sono arrivato a Milano dopo anni vissuti a Londra. Posate le valigie sono uscito. E nel buio mi sono trovato davanti le sue vetrine: l’ho sentito un segno benaugural­e

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