«Ora la cultura è l’unica bolla davvero sicura»
Salsi: i protocolli ci aiutano. Shammah: favorevole al green pass
La temperatura all’ingresso. L’obbligo del distanziamento. I gel per le mani. I luoghi pubblici più sicuri continuano a essere quelli della cultura: musei, mostre, cinema e teatri.
Non si entra senza aver prima misurato la temperatura. Anche l’obbligo del distanziamento vige ancora rigoroso, diversamente da quanto avviene nei mezzi pubblici dove è caduto il limite della capienza al cinquanta per cento. Così come sono sempre richieste la disinfestazione delle mani e la mascherina che invece nei bar e nei ristoranti, o anche nei treni e negli aerei, si può abbassare quando si mangia.
I luoghi pubblici più sicuri continuano dunque ad essere quelli della cultura. Musei, mostre, cinema e teatri: gli ultimi cui è stato concesso di ripartire, ma anche gli unici a non aver mai abbassato la guardia. Le norme anti Covid sono state prese subito sul serio se pensiamo che, per esempio, le sale del Castello Sforzesco con gli impianti di areazione più vecchi non hanno riaperto finché non è stato escluso il riciclo interno dell’aria. Al Cenacolo, dove persino la polvere degli abiti dei visitatori viene purificata, sono attivi i filtri Hepa: un sistema super sofisticato che abbatte totalmente l’inquinamento atmosferico rendendo l’aria priva di particolati e Covid free. Era stato inaugurato nel 2019 e avrebbe consentito il progressivo incremento dei visitatori fino a un 33 per cento in quattro anni. E invece i turni di visita ora durano 15 minuti per un numero massimo di 18 persone per volta. Un passo indietro, ma a garanzia della sicurezza. Per quanto riguarda gli orari, invece, i musei hanno ripristinato quelli pre Covid, tranne che per il primo ingresso posticipato alle 10 anziché alle 9, come per altre attività, allo scopo di evitare l’affollamento sui mezzi pubblici.
Dal museo del Novecento al Pac, il pubblico si è ormai abituato a fare il biglietto elettronico e a prenotare. Il direttore della Pinacoteca di Brera James Bradburne ne coglie persino il lato positivo: la maggiore qualità dell’esperienza di visita. E dello stesso parere è anche Claudio Salsi, direttore del Castello e dei musei civici archeologici e storici. «Questo sistema non ci sta penalizzando — sostiene —. Anzi, protegge dal contagio come abbiamo sempre sostenuto: i musei sono fra i luoghi più sicuri. Per questo rispetteremo l’eventuale introduzione del Green Pass, ma non lo vedo indispensabile per i musei, già super controllati».
Anche nei cinema e nei teatri il biglietto elettronico ha eliminato le code alla cassa e la capienza resta tuttora limitata al cinquanta per cento. «Ma se siamo gli unici a mantenere queste norme, rischiamo paradossalmente di essere percepiti come luoghi non sicuri», spiega Lionello Cerri che gestisce 17 sale cinematografiche fra cui quelle di Anteo City Life e del Palazzo del Cinema. «Sono favorevole all’eventuale green pass ma a patto che l’obbligo venga introdotto in tutti i luoghi pubblici».
I limiti ai posti vendibili hanno penalizzato soprattutto i teatri causando la chiusura di quelli più piccoli. Senza dimenticare che, anche lo scorso anno, la riapertura è coincisa con l’inizio dell’estate, cioè proprio quando le stagioni teatrali tradizionalmente finiscono. Al Franco Parenti la direttrice artistica Andrée Ruth Shammah si è inventata nuove formule e ha potuto usare lo spazio all’aperto dei Bagni misteriosi. Il suo bilancio è quindi positivo. «Se poi il governo dovesse introdurre l’ingresso obbligatorio con il green pass, sarei senz’altro favorevole. Dopodiché ribadisco che il teatro è già il luogo più sicuro del mondo e quindi il green pass dovrebbe a quel punto servire a poter togliere la mascherina. Sarebbe fantastico».