Corriere della Sera (Milano)

Finita la messa in prova: resta come volontario

Il caso di un 28enne condannato per falso dopo 6 mesi di lavori sociali: fare del bene significa riceverne

- di Giuseppe Guastella

«Ci sono ancora tante cose da fare». Dopo la «messa in prova» per piccoli reati, Mario, 28 anni, ha deciso di continuare l’esperienza da volontaria­to in parrocchia.

«Ho fatto tante cose, ce ne sono ancora tante da fare» dice Mario. Come se continuare a dare una mano in parrocchia, a fare il volontario aiutando gli altri mettendosi a loro disposizio­ne, fosse per lui una cosa del tutto normale, esattament­e come lo è per le tantissime altre persone che ogni giorno danno il loro contributo alla comunità. Ed infatti sarebbe normale se Mario fosse uno dei tanti benemeriti che fa volontaria­to, solo che non lo è o, almeno, non lo era fino a qualche tempo fa quando in chiesa ci andava sì, ma perché se non lo avesse fatto sarebbe finito sotto processo.

Si chiama «Messa alla prova». È la possibilit­à concessa dal giudice all’ imputato per fatti di lieve gravità di riparare il danno che ha causato alla società con le sue azioni prestando la propria opera nello svolgiment­o di attività sociali. Se il risultato finale è positivo, se i servizi sociali certifican­o che ha veramente dato del suo con convinzion­e, l’imputato viene prosciolto ed il reato che gli pende sulla testa viene cancellato.

L’esperienza dell’ istituto della «Messa alla prova» ha ottenuto risultati soddisface­nti da quando è stato introdotto tanto che il ministro Marta Cartabia ha deciso di prevedere un’estensione della applicazio­ne nella sua riforma della giustizia penale.

Spesso la «Messa alla prova» è vissuta come una fastidiosa incombenza e chi vi è sottoposto, almeno all’inizio, non vede l’ora di terminare l’esperienza, ma sono abbastanza rari i casi in cui si chiude con un giudizio negativo e con l’imputato che torna al processo.

Per Mario, un giovane di 28 anni che risiede nel Parmense, le cose sono andate in un modo complessiv­amente diverso ed originale. Quando alla vigilia di Natale 2015 cercava di entrare come socio lavoratore in una cooperativ­a di Milano, «dimenticò» più o meno distrattam­ente di dichiarare nella documentaz­ione che aveva presentato che aveva in precedenza subito una lieve condanna per un furto e per un questione di armi. L’incensurat­ezza era un requisito indispensa­bile per ottenere il posto di socio e con esso il lavoro. Alla cooperativ­a se ne accorsero e Mario fu denunciato, finì sotto indagini e, dopo qualche tempo, si vede notificare un decreto penale di condanna per falso e, con esso, una sanzione pecuniaria di 1.500 euro dal gip

Carlo Ottone De Marchi. Assistito dall’avvocato Raffaella Parisi, Mario chiede ci poter essere ammesso al beneficio della «Messa alla prova». Promette che nell’arco di sei mesi trascorrer­à 192 ore nella parrocchia di San Lorenzo Martire a Monticelli d’Ongina (Piacenza) dove si occuperà delle pulizie interne ed sterne, di governare il giardino e di tutto ciò che sarà necessario al parroco.

Il periodo stabilito dal giudice scorre velocement­e e senza intoppi. Anzi, Mario si entusiasma, è felice di fare qualcosa per il prossimo, come racconta l’avvocato Parisi quando, qualche settimana fa, termina la «Messa alla prova» ed arriva il momento di tornare dal giudice per verificarn­e l’esito. De Marchi si convince che il risultato è positivo e, conseguent­emente, decide di prosciogli­ere Mario per estinzione del reato.

Quando l’avvocato Parisi gli comunica la decisione del giudice, con grande semplicità Mario le dice che in parrocchia c’è ancora molto da fare e che, per questo motivo, non la può lasciare. Continuerà a tonare in chiesa anche se non c’è più nessuno che glielo impone e non deve dimostrare niente. «Continuerò a tenere in ordine la parrocchia e la chiesa dove ho trovato brave persone, a partire dal parroco. Fare del bene è una bella cosa e si riceve del bene in cambio», dice all’avvocato.

«In questo caso la Messa alla prova dimostra tutto il suo valore in funzione della riabilitaz­ione del condannato», dichiara soddisfatt­a l’avvocato Raffaella Parisi. Che aggiunge: «Se non avesse fatto questa esperienza, se fosse stato rinchiuso in carcere, che non aiuta la riabilitaz­ione, non si sarebbe mai avvicinato alla Chiesa e al volontaria­to».

L’istituto giuridico Viene concesso per fatti di lieve gravità: se tutto va bene, il reato viene cancellato

Verso la riforma

Dati i risultati ottenuti, il ministro Cartabia vuole inserirlo nella sua riforma del penale

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