Cartellone Sforzesco
Scrittore e jazzista per passione: Jonathan Coe oggi al Castello assieme all’Artchipel Orchestra
Ventisei musicisti e uno scrittore, che è anche un musicista. Nasce da questo incontro il concerto che si tiene stasera al Castello per l’Estate Sforzesca «Jonathan Coe & Artchipel Orchestra», un progetto inedito che unisce lo scrittore inglese, che presenta anche il suo romanzo «Io e Mr. Wilder» (Feltrinelli), e una delle formazioni jazz più interessanti della scena italiana. In pochi sanno che Coe suona la tastiera elettrica e ha pubblicato sulla piattaforma Bandcamp un paio di album, ma tra questi c’è il direttore dell’Artchipel Orchestra che li ha molto apprezzati: «Conosco Coe da un decennio, scrisse le note del nostro primo album — racconta Ferdinando Faraò —, e ascoltando anni dopo le sue composizioni gli ho proposto di trascriverle e arrangiarle con l’orchestra. Ne presentiamo quattro, alternandole con brani vicini a quelle atmosfere dedicati a Pip Pyle e Lindsay Cooper, in equilibrio tra scrittura e improvvisazione». Anche Coe parteciperà all’esecuzione e racconta al «Corriere della Sera» le sue aspettative: «Sono felice, ma anche nervoso perché in un certo senso — spiega l’autore, 59 anni — la mia musica è molto più personale delle mie storie: nei romanzi mi nascondo dietro i personaggi, mentre nelle melodie mi sembra di mostrare i miei sentimenti in modo più diretto». Il rapporto tra scrittura e musica nella sua vita è chiaro: «Sono un musicista dilettante e uno scrittore professionista. La grande differenza tra le due arti — spiega Coe — credo sia che per essere un musicista serio devi studiare per anni gli aspetti tecnici e fare molta pratica. Quando ho iniziato a scrivere negli anni Ottanta non esisteva l’industria delle scuole di scrittura e ho imparato da solo, scrivendo romanzi rifiutati e riprovando».
Dopo il successo de «La famiglia Winshaw» (1995) tutto è cambiato e al centro dell’ultimo romanzo di Coe «Io e Mr. Wilder» vi è un’altra passione, il cinema di un maestro, Billy Wilder: «Tutti lo dovrebbero amare — racconta entusiasta — perché i suoi film non invecchiano: c’è così tanta intelligenza e spirito, così tanta eleganza nelle sceneggiature». Coe l’ha conosciuto da adolescente, vedendo in tv nel ’75 «Vita privata di Sherlock Holmes», innamorandosi di quella che definisce come «la sua strana miscela di tristezza e umorismo», mentre il romanzo è ambientato sul set del penultimo, poco noto, film di Wilder «Fedora» (1978): «Mi hanno affascinato — racconta Coe — le circostanze in cui è stato girato: per Wilder realizzarlo è stata una lotta sotto ogni aspetto, dal trovare i soldi, alle riprese difficili, al fallimento al box office». Coe, in chiusura, svela i suoi tre Wilder preferiti: «Per primo un film praticamente perfetto, “L’appartamento”. Poi “L’asso nella manica”: ha settant’anni, ma ti dice tutto quello che devi sapere sul giornalismo. È grande perché fa satira sia su chi crea i giornali che su chi li legge. Infine, “Che cosa è successo tra mio padre e tua madre?”, girato ad Amalfi nel 1972. Esprime il suo amore per la vita all’italiana ed è uno dei suoi film più caldi e romantici».