Corriere della Sera (Milano)

Computer, libri e spritz Gli studenti della notte nelle aule h24 del Poli

L’«Agorà» dell’ateneo: meglio qui che prepararsi a casa

- Matteo Castagnoli

Tra dieci ore il modellino del parco verticale di Zurigo dovrà essere sul tavolo del professore. Cresce legnetto dopo legnetto. Di giorno e di notte. Dall’altro lato di via Ampère, intanto, inizia l’ultimo spettacolo di serata al teatro Leonardo. Sono le 22.13, Laura, 21 anni, e Luana, 39, studentess­e di Architettu­ra del Politecnic­o di Milano, vanno avanti così da due settimane. Sfruttano ogni ora negli spazi al primo piano dell’edificio 11, dove le aule studio rimangono aperte h24, 7 giorni su 7. Lo chiamano «Agorà».

«Qui una volta sono rimasta sveglia 62 ore di fila. Avevo le allucinazi­oni — confida la ragazza —. Bevevo 5 Red Bull al giorno. È stato orribile». Luana, invece, aveva lasciato gli studi già dodici anni fa per problemi di salute. In mezzo, un lavoro come cameriera. Ora ha ripreso. «Noto nei ragazzi tante ansie e paure. I ritmi ai quali si è costretti sono brutali, peggiori di quelli della cameriera». Per gli studenti della notte, però, non c’è altro modo per rispettare le scadenze. Si sta chinati sui libri: per piacere, per abitudine o per necessità.

Scese le scale, verso il cortile interno detto «Patio», anche le 21enni Angela e Giulia sono un tutt’uno col tavolo di compensato bianco sul quale sono appoggiati libri, computer ed evidenziat­ori multicolor­i. La prima iscritta a Design, la seconda a Ingegneria fisica. Loro delle tirate notturne hanno fatto un rito: «La routine è: lezioni, spritz, cena e di nuovo “Poli”. Se stessimo a casa daremmo fastidio ai coinquilin­i, mentre vedere gente aiuta — spiegano in coro —. Studiare la notte ha dei vantaggi perché abbiamo più ore, tanto ci si abitua e non pesa».

Due postazioni più in là, una confezione di Ichnusa e un sacchetto di San Carlo. Sono

di Nadir, Gabriele e Riccardo, tre architetti arrivati alle 9, ma per loro «la giornata è volata». Alle spalle un telo bianco, il maxischerm­o sul quale gli studenti proiettano le partite. Sport e amore, tra coetanei se ne discute. E la notte è un buon momento. «Un mio amico — racconta Gabriele — era venuto con me e una compagna di corso che ora è la sua fidanzata. Non si viene qui per cercare l’amore, ma capita di trovarlo, condividen­do molto tempo». Romantici a parte, la maggior parte dei ragazzi fa questi orari per dovere: «Diciamocel­o — gesticolan­o — quando sei al Politecnic­o a quest’ora significa che sei messo male».

L’«Agorà» è un ritrovo per tutti gli studenti milanesi. A sinistra del «Patio», due aule, la G1 e la G2. Seduta al posto del professore, c’è Giada, 22 anni. Non è del Politecnic­o, ma è iscritta a Medicina al San Raffaele. Sulla cattedra le schede di genetica, poco sottolinea­te nonostante l’evidenziat­ore giallo in mano: «Per uno studente sono spazi molto comodi. Dovrebbero essercene di più. In tanti vengono qui anche da altre università. Abbiamo bisogno di posti così per ottimizzar­e». La gente della notte poi è sempre la stessa. «Fai conoscenze». E intanto due ragazzi la avvicinano: «Ci vediamo più tardi». Ma sono le 23.02. «Eh, ma fanno una festa».

Al primo piano, mentre Laura e Luana sistemano il modellino, un lungo corridoio concentric­o al «Patio» corre ricolmo di cellophane che avvolge plastici di palazzi. Poi armadietti aperti e chiusi, nei quali si trovano schiscette e planimetri­e di appartamen­ti. Infine, una stanza con microonde per scaldarsi un pasto. Da una fila di sedie vicino alle scale d’emergenza spunta un paio di piedi scalzi: «Dopo il Covid — ricorda Laura — si entra senza Policard. Chiunque ha accesso. E non sempre sono studenti».

La sicurezza delle aule è gestita da un’azienda privata. Per la prima volta di notte tocca a Christian, 22 anni. Turno da mezzanotte alle otto. Di fronte, le telecamere e un registro per gli oggetti smarriti. «Le facce si conoscono tutte», ma insieme alle guardie gira per segnalare chi abusa dei posti comuni. Particolar­ità e fragilità del Politecnic­o, insieme. Nell’ateneo la situazione è conosciuta, tanto da valutare «il potenziame­nto del personale di sorveglian­za con l’arrivo della stagione calda quando è previsto un aumento degli studenti».

Adesso le luci accese provengono solo dall’edificio 11 di via Ampère. Il lavoro di ingegneri e architetti prosegue, tale e quale a qualche ora prima. Incessante. Christian, nel frattempo, dà un giro di chiave alla portineria. Si risistema di fronte alle telecamere e getta uno sguardo al pc: s’è fatta l’1. Ma c’è chi aspetterà l’alba.

I vantaggi

«Spazi comodi, si ottimizza il tempo. Servirebbe­ro più posti come questo»

Comunità

«Si fanno conoscenze, sono nate anche storie d’amore, si va a una festa, poi si torna»

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(Bremec) Città studi L’aula «h24» al primo piano dell’edificio 11 del Politecnic­o

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