MANTOVA È UN’ALTRA STORIA
Tra le malattie endemiche del nostro tempo, oltre agli anniversari, ci sono le classifiche. Batteri virali che inondano a scadenze regolari il mondo della comunicazione. L’ultimo, solo pochi giorni fa, magnificava una città straordinaria come Mantova, incoronandola miglior luogo italiano dove vivere. Poco da discutere, se non che la classifica riportava Roma all’88º posto, in declino rispetto alle precedenti sciocchezze rilevate. Ma come si fa a mettere due luoghi così diversi nella stessa classifica? Mantova non arriva a 50.000 abitanti, equivalente della parte iniziale della via Tuscolana. Roma ospita due volte la settimana cortei con le vocazioni più diverse, che muovono 50.000 persone. Cioè ospitiamo tutta Mantova, vecchi e bambini compresi, mentre cerchiamo di andare al lavoro, portare i figli a scuola, avere una vita sociale. Ma la smania di collocare Roma in classifiche impossibili non è recente. Fa parte di una sottovalutazione della capitale di questo paese che nasce dalla sofferta unificazione di due secoli fa. Non a caso quando finalmente il governo e il parlamento del regno d’Italia riuscirono ad abbandonare prima Torino poi Firenze per arrivare a Roma, la struttura amministrativa piemontese non cercò di dare una impronta internazionale ai nuovi compiti di governo e di rappresentanza. Piuttosto cercò di adattare il centro storico alle nuove incombenze, creando le premesse per i futuri disastri.