Le fotografie dei romani raccontano migranti, calcio e Papa Francesco
Èlei, assieme a Max Rossi e Filippo Monteforte, una dei tre romani scelti dall’agenzia di stampa Reuters tra gli autori delle cento immagini più rappresentative del 2016. «Perché io? Nel nostro lavoro c’è una buona componente di fortuna — si schermisce Nardi, 31 anni, fotografa del quotidiano la
Repubblica — , ma in questo caso credo sia stato tutto merito del soggetto, del suo sguardo intenso... Quando si è accorto che stavo scattando mi ha guardato dritto negli occhi: è stata un’esperienza molto forte». Nata e cresciuta nel quartiere San Lorenzo, scopre la passione per la fotografia a 15 anni. «Ho iniziato nel movimento studentesco con una macchina a pellicola — racconta — : cortei, manifestazioni... Mi sono iscritta ad Architettura, ma nel 2010 è arrivata la prima collaborazione seria con il Messaggero e ho capito che era quella la mia strada». Da cronista, come ha visto cambiare Roma negli ultimi anni? «Ora vivo tra il Pigneto e Torpignattara, luoghi che amo. Mi sembra che la città sia diventata più multietnica e colorata». I romani, al netto del proverbiale cinismo, sono ancora un popolo accogliente? «L’esperienza del Baobab in via Cupa ha dimostrato che abbiamo un grande potenziale di solidarietà. Ogni mattina arrivavano persone cariche di cibo e vestiti... Purtroppo le istituzioni non aiutano, ci sono voluti due anni per superare l’emergenza e trovare un’alternativa». Figlia di un romano e di una libanese (il suo nome si ispira alla dea dell’amore degli antichi fenici), Yara è pronta a imbarcarsi di nuovo: «Assistere al recupero dei migranti è un’esperienza molto difficile, ma ti fa entrare in contatto profondo con l’umanità, al punto da rimanerne quasi stordita: dall’equipaggio ai naufraghi salvati. Ricordo un ragazzo che, dopo aver passato tre notti in mare, ha voluto dividere la cena con me».