Patrimonio immobiliare, la regia torna al Comune
Ritorno alle origini dopo le gestioni esterne
Dopo dieci anni di gestione da parte di Alfredo Romeo, in carcere per l’inchiesta Consip, e due del gruppo Prelios, aggiudicatario dell’ultimo bando pubblicato in epoca Marino, il Comune vuole riprendersi l’intera regia del patrimonio immobiliare. In vista della scadenza - a fine settembre - del contratto con Prelios, l’idea del Campidoglio è di evitare altre gare e riportare tutte le pratiche al dipartimento Patrimonio. Ma la missione non è facile: servono un nuovo censimento, l’aggiornamento degli affitti e soprattutto un database che consenta di vigilare in tempo reale.
Dopo dieci anni di gestione Romeo (l’imprenditore napoletano recentemente arrestato per corruzione) e due del gruppo Prelios (aggiudicatario dell’ultimo bando pubblicato in epoca Marino), il Comune vuole riprendersi l’intera regia del patrimonio immobiliare capitolino, ciclicamente colpito da scandali e inchieste che, in un modo o nell’altro, hanno confermato un’evidenza: l’inefficienza amministrativa e organizzativa di fondo che ha causato, nel tempo, troppe perdite e pochissimi guadagni. Ora, in vista della scadenza - a fine settembre - dell’affidamento del servizio di gestione alla Prelios, l’idea del Campidoglio è di evitare altre gare e riportare tutte le pratiche sotto il cappello del dipartimento Patrimonio.
Una missione non facile, perché nei fatti, dopo Romeo e dopo Prelios, riprendere le redini equivale anche, sotto certi profili, a ricominciare tutto daccapo: nuovo censimento puntuale, aggiornamento degli affitti, soprattutto la creazione di un sistema informatico in grado di fotografare la situazione in tempo reale. La novità dell’internalizzazione del servizio è già contenuta anche nel Dup, il Documento unico di programmazione che traccia le linee guida dell’amministrazione, e poggia su una doppia considerazione: la gestione fallimentare del passato e la necessità, d’altro canto, di mettere a reddito il patrimonio.
Nonostante le inchieste, infatti, i canoni delle circa 600 case finite nello scandalo Affittopoli - 87,75 euro all’anno in via dei Coronari, 161 euro sempre per dodici mesi in piazza Navona, 97 euro a via del Colosseo e 12 alla salita del Grillo - non sono cambiati. C’è un tavolo aperto, tra sindacati degli inquilini e dipartimento Patrimonio, da gennaio il Comune è al lavoro su una nuova bozza contrattuale ma gli aumenti, per ora, restano solo proposte sulla carta.
Accanto al tema degli affitti bassissimi, poi, c’è quello dei mancati incassi che riguarda anche gli alloggi Erp del Comune, cioè quelli di Edilizia residenziale pubblica: gli ultimi dati, dell’ex commissario Francesco Paolo Tronca, raccontavano di una morosità storica - sul totale complessivo delle 28 mila case romane - di una cifra stratosferica, ben 357 milioni di euro. Solo nel I Municipio, con l’85% di non paganti, i mancati incassi arrivano a nove milioni di euro. Altro numero: nel 2015 l’amminist razione ha r ichiesto canoni per 50 milioni di euro riscuotendone però appena la metà, 25 milioni.
Sulle responsabilità del disastro,
Affittopoli Il buco nelle casse provocato dai canoni mai adeguati e dalle riscossioni carenti
prima Romeo e poi Prelios si sono chiamate fuori. Il primo, che ha gestito sia la parte amministrativa che quella relativa alle manutenzioni dal 2005 al 2014 (un modello «global service» da 11 milioni di euro) ha sempre incolpato la giunta (Alemanno) di «non voler attivare contenziosi con gli inquilini» e quindi ritardare il recupero delle morosità. Prelios, d’altro canto, è subentrata «solo» nel 2015 affrontando criticità anche pratiche: «La Romeo Gestioni - raccontò un giorno la sindaca Virginia Raggi - dopo la fine del contratto ha portato via tutti i dati su pc e poi ci ha restituito cento bancali di carte scaricandole alla Fiera di Roma, ci vorrebbero secoli per esaminarli…». E’ urgente, dicono in Comune, riportare ordine subito attivando anche un nuovo «cervellone informatico».
In questo senso, ripartire dagli uffici capitolini equivale ad un nuovo inizio, con tutte le difficoltà e le lentezze che questo comporta. Certo, il personale del Patrimonio andrebbe sicuramente implementato. Poi, potrebbe essere necessario un coinvolgimento di altre realtà: si è parlato, per esempio, di Risorse per Roma e Aequa Roma per le riscossioni. Intenzioni a parte, sembra proprio una strada, in salita, tutta da disegnare.