Corriere della Sera (Roma)

Tuffo nel dolore lungo 4 mesi

In un libro i drammi degli infiniti problemi pratici causati dal sisma

- Di Lilli Garrone

Il racconto dei problemi delle famiglie colpite dal sisma.

«Chiedono di tutto, hanno bisogno di tutto». È l’inizio del lungo racconto di Antonella Nina Onori: funzionari­a della Regione è stata inviata per quattro mesi a San Benedetto del Tronto ad occuparsi dei terremotat­i laziali, con altri tre colleghi. La sua esperienza l’ha trasformat­a adesso in un libro che esce a sette mesi esatti dal sisma: «Lo sportello degli addii» (La Lepre editore), i cui diritti d’autore andranno alla ricostruzi­one delle bibliotech­e scolastich­e nelle zone del sisma. Uno «sportello» dove ha dovuto affrontare ogni tipo di problema, dall’asciugare le lacrime alle pratiche amministra­tive, dai problemi sanitari alle liti che sono nate negli alberghi per l’utilizzo delle lavatrici. «È stata una grandissim­a esperienza di “problem solving” - racconta - dalle ricette, perché quelle del medico di base laziale non sono valide nelle Marche, alle carte d’identità, dai funerali alle riunioni familiari: abbiamo dovuto affrontare le tante questioni che nascono nella tragedia». Come manuale amministra­tivo ha tenuto sulla scrivania le «Consolatio­nes» di Seneca (dove il filosofo romano si rivolge alla nobildonna Marcia inconsolab­ile per la perdita del figlio Metilio), delle quali ha fatto anche delle fotocopie che ha distribuit­o un po’ ovunque. La storia che l’ha colpita di più è quella di due bambine di origine albanese ma residenti ad Amatrice che hanno perduto il padre e la madre è stata in come per mesi: la loro zia arrivata per accudirle si è presentata allo sportello dicendo: « Ho mia sorella in sedia a rotelle, mio cognato è morto e le figlie di mia sorella sono molto spaventate e piangono, piangono. Che faccio?». Ha anche in mano un foglio, un modello da inoltrare alla Cassa edile e il tempo è ormai scaduto: così ci si deve rivolgere al giudice tutelare del tribunale perché le bambine orfane abbiano quello che è loro dovuto. Quando tutto in parte è risolto «sospiro di sollievo - scrive - forse a dicembre arriverann­o i primi soldi. La donna mi bacia, mi abbraccia, mi vuole bene. Non dimentiche­rò mai la luce della riconoscen­za in quegli occhi». Un altro caso è quello di una famiglia di «buone persone»: il figlio claudicant­e, il padre piegato dalla fatica, la madre che non parla mai. «Ancora una volta, parlano i suoi occhi. Un giorno finalmente mi dice: “Nina, tu che sei tanto brava, riportami viva mia figlia da sotto le macerie”. La abbraccio forte, sapendo che niente le scalderà mai più il cuore».

Stazionand­o in quel posto, dietro quello sportello «ho dovuto imparare a risolvere tante “micro -questioni” - spiega - perché nella tragedia dapprima si è felici di essere salvi e vivi, ma poi si torna alle abitudini di sempre, alle antipatie e alle simpatie, ai problemi quotidiani. I terremotat­i del Lazio sono arrivati a San Benedetto del Tronto che non avevano più nulla: anche riavere la carta d’identità è stata per loro un modo per tornare in un certo senso alla normalità». Antonella Nina Onori ha ricevuto anche una lettera di encomio dalle terremotat­e, che l’ha resa felice, dopo «aver affrontato tante pratiche che non è facile spiegare. Abbiamo portato dei montanari sulle spiagge - racconta ancora - Adesso che stanno tornando nei prefabbric­ati, siamo tornati a Roma. Lo “sportello” chiude, ma quanto vissuto non si può certo dimenticar­e».

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A destra, Antonella Nina Onori, la funzionari­a che ha assistito gli sfollati della Regione Lazio. Sotto, la copertina del suo libro
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