Gigi Magni, poeta (e regista) bolscevico
Il premio Oscar Nicola Piovani racconta l’amico che sarà ricordato in una serata d’onore al Golden
Lo chiamavano «Gigi primavera», perché era nato il 21 marzo, forse perché era lui stesso pieno di luce e di colori primaverili. A quattro anni dalla scomparsa, Luigi Magni viene ricordato in una serata d’onore realizzata da Stefano Reali, al Teatro Golden il 29 marzo ore 21.
Oltre a Reali, regista e pianista, accompagnato da un gruppo di musicisti, partecipano alcuni personaggi strettamente legati a Magni e che, con ricordi e aneddoti personali, ripercorrono l’avventura umana e artistica del «poeta romano». Tra questi, Nicola Piovani: «Ero gioiosamente amico di Gigi Magni - dice il Premio Oscar - perciò sono poco adatto a parlare della sua arte senza enfasi partigiana, senza sentire acuta la mancanza della sua presenza. Spero venga ri-proiettata in una rassegna tutta la sua opera, e i critici penseranno a darne una valutazione, senza il mio disvalore aggiunto dell’emozione personale». Una stretta collaborazione, tra Magni e Piovani, che conta vari film, tra cui «In nome del popolo sotà. vrano», ma anche il musical «I sette re di Roma» grande successo al Sistina a fine anni ‘80.
«Da Gigi ho imparato un bel po’ di cose - continua Piovani - soprattutto la dimensione nobile della romanità, della lingua e della musicalità romana, dello spirito profondamente sveglio ma fatalmente immobile che si respira in questa cit- La sua Roma era l’opposto di quella che una nuova comicità grezza stava diffondendo, attraverso un cinema a buon mercato e la neo-televisione. Di lui ricordo con nostalgia anche la sua arte di saper
cioè di conversare con consapevole superficialità, di divertirsi con chiacchiere a base di frescacce da bar di quartiere».
Numerosi gli episodi cari a Piovani: «Una volta, mentre andavamo a Milano per uno spettacolo, gli chiesi se quel farsi chiamare Gigi non potesse suonare forte alle orecchie lombarde. Lui mi rispose sarcasticamente “Bè, a Milano sulla locandina scriveremo testi di Luigi Mangi. Ti suona meno romanesco?».
La serata al Golden non vuole essere la commemorazione di un defunto. Precisa Reali: «È il tributo non solo un grande regista, ma a un poeta non inferiore a Trilussa o Pascarella». Aggiunge Piovani: «Da Magni ho imparato a coniugare il progresso e le radici in modo cosciente. Lui affermava di essere marxista-leninista da quarant’anni, ma cattolicoapostolico-romano da duemila. E negli ultimi tempi, come succede a molti, si era chiuso alla contemporaneità: detestava le email, il montaggio in video, gli hamburger, le jeanserie del centro e persino il bancomat. Ma si sa che reagisce così chi sente che sta avvenendo qualcosa di nuovo che gli sfugge. Una volta - conclude il musicista - camminando insieme per via Sistina , gli dissi ma non pensi che certi ideali bolscevichi siano falliti? Non credi che la generazione di sinistra della tua stagione ideologica abbia sbagliato qualcosa? Mi rispose: “Io non ho sbagliato, io ho perso. È diverso».