Corriere della Sera (Roma)

Ancora in cella a 80 anni: muore

- R. Fr.

A 80 anni stava ancora dietro le sbarre, a Regina Coeli, per una serie di furti di biciclette. Ma sabato è caduto nell’infermeria e ieri è morto al San Camillo. Si chiamava Francesco Cameriere ed era considerat­o il «re» a Roma dei ladri di bici.

Qualche anno fa era addirittur­a diventato un esempio per la statistica. L’anziano diventato povero che ruba per necessità. «Perché vivo con soli 280 euro di pensione», aveva spiegato allora ai carabinier­i Francesco Cameriere quando lo avevano arrestato per la terza volta in poco più di un mese, sempre per lo stesso reato: furto di biciclette. Ma lui faceva anche altro, come frugare nei bauletti degli scooter, fra Prati e Flaminio. «Non riesco a fermarmi, è più forte di me», si era giustifica­to ancora, dicendo di essere «più un compulsivo che un ladro», prima di finire in caserma, poi davanti al gip e infine di essere rimesso in libertà con l’obbligo di firma. Fino a un anno fa Cameriere, ormai ottantenne, di provvedime­nti come questi ne aveva colleziona­ti parecchi. Era il ladro di bici più famoso di Roma, ma da un anno anche l’unico di quell’età rimasto dietro le sbarre, per cumulo pene. Ma a Regina Coeli Cameriere non tornerà più: è morto ieri mattina al San Camillo per le conseguenz­e di una brutta caduta nel reparto infermeria del carcere, avvenuta nel pomeriggio di sabato. Le condizioni dell’anziano recluso sono apparse subito preoccupan­ti ed è stato disposto il suo trasferime­nto in ospedale. Ma non è bastato. E così dopo il suicidio annunciato del giovane Valerio, che invece sarebbe dovuto stare in una Rems per reclusi con problemi psicologic­i, adesso il carcere sul lungotever­e - con un sovraffoll­amento di 287 detenuti (909 invece di 622) - è scosso da questo nuovo caso. Con Massimo Costantino, segretario generale aggiunto della Cisl Fns Lazio, che sottolinea come servano «misure diverse per detenuti che hanno una certa età che, compatibil­mente alla gravità del reato, dovrebbero espletare la loro pena in altre strutture e certo non penitenzia­rie».

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