Il mito di Medea s’infrange sulle vie di Roma
In scena da giovedì lo spettacolo con Elena Cotugno Sette persone salgono su un camioncino che si perde per le vie di Roma
«Medea per strada»: non un semplice spettacolo teatrale. «È un’esperienza che ci ha segnato, ci ha attraversato e ci auguriamo abbia lo stesso effetto sul pubblico», esordisce l’ideatore e regista Gianpiero Borgia.
Solo 7 spettatori a sera, da giovedì all’8 ottobre, caricati su di un furgone che parte dal Teatro Eliseo e si perde nelle strade della capitale. Unica protagonista, nel ruolo del titolo, Elena Cotugno: «Una storia di prostituzione per strada - spiega l’attrice - una storia di schiavitù, di tratta delle donne, di violenza e prostrazione». La strada di questa Medea è senza uscita e tutto inizia dall’esperienza personale del regista e della protagonista, compagni di scena e nella vita privata. «La strada che percorriamo Elena ed io da casa nostra al teatro dove lavoriamo racconta Borgia - è la statale 231, in Puglia, tra Barletta e Bitonto. È un luogo di esercizio di prostituzione e tante volte ci siamo imbattuti in quelle donne costrette a vendersi. Lo spettacolo che ne è nato porta il pubblico in luoghi, romani, analoghi che in una grande città sono tantissimi. Capita a tutti noi di assistere, distrattamente, a certe scene con indifferenza nei confronti del fenomeno».
Il furgone stesso, con cui gli spettatori vengono trasportati, è un simbolo: «Certo - spiega il regista - perché a volte certi furgoni diventano il postribolo, il posto dove viene esercitato il mestiere. Ma con Medea aggiunge - vogliamo raccontare anche la storia di migliaia di esseri umani che partono dai loro paesi, pieni di speranza, e che quando arrivano in Italia sprofondano in un nuovo incubo. Il mito di Medea ha tante sfaccettature, anche l’incapacità di accoglienza da parte di una comunità nei confronti dei migranti».
È singolare l’esperienza personale di Elena Cotugno, impegnata nel volontariato: «Sono entrata in contatto con associazioni che hanno l’obiettivo di salvare le donne dalla schiavitù. Mi hanno permesso di portare assistenza sanitaria, medica, legale alle ragazze che si prostituiscono. Ne ho incontrate molte, ho ascoltato i loro racconti. La mia Medea è l’insieme delle voci di queste donne che ho incontrato e ascoltato: il personaggio mitologico si tramuta in uno strumento metaforico per interpretare una dura realtà attraverso una parabola».
Un furgone, 7 spettatori, un’attrice: «Non sarà facile per me il rapporto così stretto con il pubblico - ammette Elena Stare così vicini però crea una formidabile empatia sia tra me e gli spettatori, sia tra gli spettatori stessi. Il contatto fisico permette alla storia rappresentata di risuonare in maniera ancora più forte, è come zoomare sul tema affrontato». Un viaggio emozionale per chi recita e per chi assiste: «Non posso anticipare i luoghi dove andremo - conclude Borgia - Il viaggio parte da un teatro e si inoltra in un percorso inedito: a Roma c’è solo l’imbarazzo della scelta».
È una storia di prostituzione per strada, di schiavitù e tratta delle donne, di violenza e prostrazione