UN PIANO CHE PARLA DI TUTTI NOI
Martedì 17 prende avvio il Tavolo per Roma, voluto dal Ministro dello Sviluppo Economico, per coordinare fondi (oggi 2,6 miliardi di euro circa) e interventi utili a fronteggiare l’emergenza della Capitale. L’esito dei lavori dirà se saranno superate le diffidenze personali e politiche. La buona notizia è che la politica finalmente si parla a tutti i livelli (Mise, Regione e Comune). Si spera ora che i rappresentanti, messe da parte le differenze agiscano per il bene comune della Capitale. La città ha patito abbastanza: la lunga crisi economica, beni e servizi in degrado e i patemi politici di almeno tre anni, da quando Marino finì sulla graticola dell’allora Presidente del Consiglio. Per conquistare la fiducia dei cittadini, ben venga quindi l’approccio collaborativo. Oltre al tavolo, si usi anche il pantografo, strumento già in voga tra gli ingegneri per disegnare i propri progetti: per modellare un’idea di Città Eterna declinata al futuro, non solo a copertura di buchi di bilancio e buche nell’asfalto, pur giuste priorità di ogni prudente amministrazione. E si costituisca una task force operativa, perché, foglio excel alla mano, i bellissimi piani che saranno scritti abbiano effettiva (e tempestiva) esecuzione. Con il tutto, liti incluse, reso trasparente, per far valutare scelte, ruoli e responsabilità di ciascuno.
La Sindaca Raggi oggi dovrebbe render noto un documento strategico di programmazione di investimenti per 500 milioni di euro l’anno, di cui 300 a carico del Comune.
Piano centrato su infrastrutture di trasporto e mobilità sostenibile, ma anche inclusione sociale nelle periferie, banda larga e wifi. Per questi ultimi e su tutto ciò che è innovazione Comune, Regione e Mise potranno trovare molti punti di incontro. Anzi, è bene che lo facciano, creando delle valide condizioni abilitanti per le imprese. Investano in infrastrutture, ma senza trascurare i contenuti. Roma si presta bene a sviluppare un’economia immateriale basata su conoscenza, creatività, ricerca e innovazione. Per arrivarci, si potrebbe adottare il metodo Juncker. Come per il piano di investimenti strategici UE, usando la leva dei fondi pubblici per risvegliare e mobilitare quelli privati in settori specifici: cofinanziamento pubblico o deducibilità fiscale degli investimenti, per moltiplicare risorse e resa. Così, nei due ultimi Giubilei, molti romani hanno messo a posto le facciate dei loro edifici (o ridotto le antenne condominiali). L’occasione è ora propizia perché si dia una prospettiva futura alla città nell’insieme. Non un semplice piano industriale. Perché Roma non è un’azienda, ma il letto di un fiume dove scorrono le energie e le speranze dei suoi milioni di abitanti.