Corriere della Sera (Roma)

«Milinkovic, il mio erede»

Una doppietta il 15 dicembre 2002: da allora la Lazio non ha più vinto a Torino

- Di Stefano Agresti

L’ultima vittoria della Lazio a Torino, contro la Juve, data 15 dicembre 2002. Doppietta di Stefano Fiore, che in vista del match di sabato sceglie il suo erede: «Mi rivedo in Milinkovic».

Mancherà la nebbia, forse. Ma il resto sarà molto simile a 15 anni fa: la Juve che in casa non perde mai (allora non cadeva a Torino da 18 mesi, adesso ha superato i 25), la Lazio che in trasferta vola (nel 2002 era arrivata a sei successi di fila, in questo campionato è a tre su tre). Finì 1-2: chi avrebbe mai pensato che sarebbe rimasta per tanti anni l’ultima vittoria della Lazio in trasferta contro la Juve?

Quel 15 dicembre gli allenatori erano Lippi e Mancini e in campo c’erano tanti campioni. Quattro di loro saranno lì anche sabato. Solo uno, però, non avrà cambiato ruolo: Buffon. In porta era e in porta è rimasto. Gli altri saranno in panchina (Inzaghi) oppure in tribuna (Peruzzi e Nedved).

Stefano Fiore, il 15 dicembre 2002 la Lazio vinse 2-1 a Torino con la sua doppietta.

«Una serata indimentic­abile, una delle più belle che abbia vissuto alla Lazio. Non ci regalò un trofeo, ma una vittoria di grande prestigio. Per me, poi, fu una notte speciale. Peccato solo per la nebbia». E perché? «Le immagini non sono nitide. E nell’album dei ricordi i miei due gol sono un po’... offuscati».

Come mai l’ultima vittoria della Lazio sulla Juve in trasferta è così lontana?

«Il motivo principale è nei valori tecnici. Quella squadra, benché avesse perduto in estate Nesta e Crespo, rimaneva fortissima: eravamo brillanti, intraprend­enti. Poi la Juve ha scavato un solco con tutte, non solo con la Lazio. E in casa è diventata insuperabi­le».

Questa Lazio, però, è sorprenden­te.

«Fino a un certo punto. La squadra è solida, non ha formazioni più deboli davanti ma nemmeno più forti alle spalle. Senza nulla togliere al lavoro di Inzaghi, che è straordina­rio: ha bruciato le tappe».

Da ex compagno, si sarebbe aspettato che diventasse un allenatore così abile?

«Dico la verità: no. Ma sempliceme­nte per un motivo di età: siamo quasi coetanei e lo vedevo come me, calciatore e basta. Semmai potevo immaginare un futuro da tecnici per Simeone e Mihajlovic».

Può questa Lazio cancellare il nome di Fiore dal libro dei record, vincendo a Torino?

(ride) «Egoisticam­ente spero di no... Battute a parte, diciamo che può provarci anche se vincere là è davvero complicato, ora più che mai».

Chi può essere il Fiore del 14 ottobre 2017?

«Milinkovic-Savic. Ha le caratteris­tiche per mettere in difficoltà la Juve, in particolar­e ha la fisicità – oltre alla tecnica – per creare problemi alla difesa bianconera. Immobile sarà controllat­issimo, i suoi inseriment­i assieme a quelli di Luis Alberto possono fare la differenza».

Milinkovic-Savic, con qualità diverse, gioca un po’ dove giocava Fiore.

«Dove avrei voluto giocare io, perché ero proprio quello: un finto trequartis­ta, un interno predispost­o ad attaccare. Ma spesso mi facevano giocare sulla fascia...».

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Fantasista Stefano Fiore, oggi 42 anni, nell’ultima vittoria della Lazio contro la Juve a Torino

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