LA SOLITUDINE DEL CITTADINO QUANDO SEGNALA UN PERICOLO
Caro Conti,
in uno stabile che affaccia su Corso Trieste, degli operai stanno tirando su dal secondo piano, con un tiro a bandiera che sporge dal balcone, dei sacchetti di cemento depositati sul marciapiede. Gli operai non hanno dispositivi di protezione (casco) e sulla perpendicolare del tiro (il marciapiede) i pedoni transitano senza nessun ostacolo e/o avviso di pericolo. Alle mie osservazioni sulla mancanza di sicurezza si risponde con parolacce accompagnate da gesti eloquenti. Dove trovare un vigile? Il telefono squilla a vuoto, come sempre. Penso ad un’altra autorità e vado dai carabinieri i quali ascoltano, facendo domande su domande, la mia esposizione e concludono«telefoni al 112». A chi rivolgersi?
Francesco Grillo
Questa storia è una parabola civile contemporanea. Un cittadino si accorge che un cantiere può essere pericoloso per i passanti perché mancano le doverose misure di sicurezza. Decide saggiamente di rivolgersi a un referente pubblico: prima i vigili urbani, poi i carabinieri. Lei non dice dove si è rivolto, ma l’amara deduzione è la stessa: troppo spesso i cittadini romani si sentono soli e, di fatto, abbandonati se vogliono segnalare un disservizio o un problema che riguarda la collettività. Sembra sparita, dall’orizzonte della convivenza organizzata romana, l’espressione «ora provvediamo noi, non si preoccupi». C’è sempre un silenzio. O troppe, sospettose domande rivolte a chi denuncia: evidenti segnali di un imbarbarimento.