La verità bella ed essenziale di Trombadori
I nudi avvolgenti, i paesaggi lunari, quelle nature morte che un po’ come una macchina del tempo riportano l’osservatore indietro nei decenni, fino agli inizi del secolo scorso, il Novecento. E che belle, emozionanti, evocative, sempre, le pitture del bravo Francesco Trombadori (1886-1961), cui è dedicata una retrospettiva di taglio antologico inaugurata ieri nella Galleria d’arte moderna.
Sì, bellezza e bravura: termini che possono apparire (ingiustamente) fuori moda, ma che non sono certo lemmi scelti a caso. Perché finalmente, dopo lustri di damnatio memoriae, e perfino dopo il fenomeno opposto e recente - quello per cui tutto ciò che appartenne a quella stagione viene automaticamente rivalutato - a Trombadori, e a tanti altri pittori di livello degli anni Venti e Trenta, viene restituito un ruolo, un’importanza. Poco altro resta da dire, ora, se non «quanto erano bravi quei pittori
e quanto belli i loro quadri». Altro che «ritorno all’ordine».
Visitare questa esposizione (via Francesco Crispi 24, fino all’11 febbraio, tel. 060608, da martedì a domenica 10-18.30) non fa che confermare questa teoria, ovviamente per quanti la pittura la amino. E non si tratta solo di un déjà-vu, pur essendo Trombadori autore noto e spesso presente nelle mostre sugli anni tra le due Guerre, con molti dei quadri qui esposti visti e studiati. Grazie infatti alla attenta cura di Giovanna De Feo, e al preciso taglio documentario delle mostre allestite in questo museo comunale, l’esposizione - dal titolo L’essenziale verità delle
cose - riserva non poche sorprese a studiosi e appassionati. Sorprese romane, soprattutto (Trombadori, natìo siciliano, è la quintessenza di una certa romanità d’adozione: lo studio a Villa Strohl-Fern, i paesaggi con ponti tetti cupole Colosseo ecc.) ma non solo: come il noto
Ritratto di signora, affascinante donna di cui si ignorava l’identità, e che ora si sa essere il ritratto della principessa Pamphili, forse l’inglese Gesine Dykes, consorte di don Filippo Andrea, primo sindaco di Roma dopo la Liberazione; o il ritrovato ritratto della signora Balbo, esposto per la prima vota accanto a quello del marito Italo, gerarca trasvolatore.