Anac: «Simioni può avere tre cariche»
Ma l’Anticorruzione ipotizza il conflitto d’interessi per i suoi ruoli in alcuni Cda
«Non sussiste» l’ipotesi di incompatibilità per il triplice incarico di Paolo Simioni, presidente, ad e, dallo scorso 2 ottobre, anche ufficialmente direttore generale di Atac, l’azienda di trasporto pubblico della Capitale appena entrata in tribunale con una procedura di concordato. E questo perché l’incarico di dg, attribuito a Simioni con contratto di 36 mesi a 240mila euro lordi l’anno («Ma senza ricorso ad un nuovo bando», protestano i sindacati), è «esplicitamente ricompreso dal legislatore tra gli incarichi amministrativi di vertice, trattati in modo differente rispetto agli incarichi dirigenziali». La delibera Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione che ad agosto aveva avviato una verifica sul caso, scioglie il dubbio sulla compatibilità del ruolo «trino» di Simioni in Atac e archivia il caso. Lasciando, però, aperta un’altra questione e rimettendola al Responsabile della prevenzione, della corruzione e della trasparenza (Rptc) di Atac. Scrive il presidente Anac Raffaele Cantone: «Si evidenzia che il Rpct non ha fornito alcuna risposta in merito alla valutazione dei profili relativi ad eventuali situazioni di conflitti di interessi, anche potenziali, in capo all’ing. Paolo Simioni, nonostante tali aspetti siano stati oggetto di specifica richiesta formulata dall’Autorità». Pertanto, chiude il documento, si chiede «di sottoporre al Rpct la valutazione dei profili relativi al rispetto della legge 6 novembre 2012, n°190, in materia di conflitto di interessi, chiedendo di rendere noti gli esiti degli accertamenti». Dal Rcpt di Atac ieri sera sarebbe arrivato il nullaosta. Dalle visure camerali, però, Simioni risulta ancora membro dei Cda di due società (Sias spa, Gruppo Gavio e Icm spa, Gruppo Maltauro), con le infrastrutture come core-business. Per questo Anac ha usato il termine «potenziali»?
Il manager È presidente, amministratore delegato e direttore generale dell’Atac