Allarme sporcizia in piazza Bologna
L’occhio vaga in cerca del conforto di un marciapiede lavato, un’incrocio sgombro, una strada vuota. Tutta la toponomastica del Nomentano affonda nella spazzatura. «Qui le presenze sono triplicate ma i servizi sono di un tempo...».
L’occhio vaga in cerca del conforto di un marciapiede lavato, un’incrocio sgombro, una strada vuota. Ottimismo. Piazza Bologna e via Ravenna. Viale delle Province e via Catanzaro. Via di Villa Ricotti e perpendicolari. Tutta la toponomastica del Nomentano affonda nella spazzatura.
Plastica e batteri. Sacchetti e veleni. Benvenuti nella zona a smaltimento illimitato. I rifiuti? Sbarrano la via. La differenziata? Un’ avanguardia da celebrare sotto il peso di un carico bisunto: «Vede quella chiazza? — indica Luca D’Alò, commesso — è lì da una settimana. Le spazzatrici non passano». Le tasse, osserva invece qualcuno, corrono.
Il vuoto di una Heineken troneggia sulla scalinata delle poste sempre più simile all’altra di piazza Trilussa. Bicchieri da cocktail debordano dai cescono stini in ghisa (svuotati episodicamente) mentre risate stridule si sollevano dai tavolini di «Mizzica» aperto ventiquattr’ore su ventiquattro.
I cassonetti di via Catanzaro sembrano quelli di piazza san Giovanni dopo il concertone, quelli di viale delle Province straripano, gli altri di via Livorno scoppiano. I contenitori della plastica sono già esplosi e ora alcuni sacchetti, malinconicamente pigiati, fuorie- dai fori. La campana del vetro alloggia scarti. Il cassonetto dell’organico accoglie cartoni. E, appesi al contenitore della carta, ondeggiano buste con bottiglie di plastica. Tutto ospita tutto.
Via Ravenna è una discarica in miniatura. Doveva essere così, un tempo, lo spiazzo di Malagrotta. A via Giovanni Severano i rovistatori circolano con giganteschi carrelli, pungendo le buste con i loro bastoni. Le traverse di viale XXI Aprile spiccano per degrado.
«I problemi qui sono due: il servizio di raccolta è quello di vent’anni fa e la gente, forse sfiduciata, contribuisce abbandonando di tutto sulla via» dice Emanuela Rosso De Vita, erborista.
Siamo nella zona universitaria. Una casa viene frazionata all’infinito per ospitare studenti fuori sede. E, negli edifici dove un tempo abitavano famiglie, ora sopravvivono comitive.
Anni fa i finanzieri del comando provinciale scoprirono un giro di affitti in nero da far impallidire quello delle periferie più subalterne all’immigrazione. Nel 2016, in via dei Vespri Siciliani, esplose una rissa fra tre colombiani ubriachi. Per poco non finì in tragedia: uno di loro, vedendo arrivare l’auto dei carabinieri, si lasciò cadere dal balcone sul marciapiede e fu ricoverato per lesioni gravissime.
In un‘area del genere dove la popolazione è triplicata la raccolta di spazzatura continua ad essere quella degli anni Sessanta. «No, abbiamo rinunciato a fare segnalazioni all’Ama però notiamo la differenza con l’area monumentale. Abbiamo una filiale vicino a Montecitorio dove i marciapiedi vengono lustrati di continuo...» dicono da «Tebro». La pulizia percepita è suppergiù quella di una baraccopoli. Spazzatrici non se ne vedono. Operatori neppure. Camion nemmeno a pregare.
Certo c’è anche il problema della doppia fila che ostacola la raccolta: «Ma i vigili? Non usano più?» ironizza Sharon dal negozio di accessori.
Ognuno s’ingegna come può. C’è il residente che carica le buste in auto e parte alla volta di nuovi cassonetti. Il commerciante che anticipa l’orario di apertura per spazzare la via. Il custode che affretta il conferimento per evitare l’impatto con l’oceano di scarti. Fortuna che siamo in autunno. L’estate con i suoi odori, almeno quella, è alle spalle.