Atac, seicentocinquanta nuovi bus
Interventi anche sulla riqualificazione urbana. Raggi: vinciamo o perdiamo insieme. Zingaretti: la Capitale rinascerà Primi risultati del vertice Ministero-Comune-Regione. Calenda: non è un commissariamento
Ci sono 650 nuovi autobus (diesel, elettrici e a metano) nel piano industriale «Sviluppo Roma» presentato ieri al Mise. Il potenziamento del parco mezzi sarà finanziato con 227,5 milioni del Piano strategico nazionale. La mobilità sostenibile è uno dei cinque pilastri sui quali poggia la strategia di rilancio della Capitale: il budget complessivo è di 1,9 miliardi, di cui 1,3 stanziati dal governo. E il modello di gestione sarà un triumvirato composto da ministero dello Sviluppo economico, Regione e Comune. Prossima convocazione tra un mese, il 17 novembre. E però, al netto della regia a tre, con le prossime politiche il vento potrebbe cambiare con il rischio che i tempi si dilatino.
Seicentocinquanta nuovi bus (a metano, diesel ed elettrici) finanziati con 227,5 milioni del Piano strategico nazionale: è uno degli strumenti dall’impatto più significativo, considerati la crisi di Atac e il parco mezzi vetusto, del piano industriale «Sviluppo Roma» presentato ieri al ministero dello Sviluppo economico (1,9 miliardi di budget, di cui 1,3 stanziati dal governo).
Sono cinque i pilastri sui quali si incardina il progetto di rilancio della Capitale: competitività e innovazione; energia e mobilità sostenibile; interventi settoriali per occupazione e produzione; turismo; riqualificazione urbana. E ad assumere la governance sarà il triumvirato Mise-Regione-Comune: una cabina di regia sul modello di quella per l’internazionalizzazione, rispetto alla quale Calenda ha tenuto a precisare: «Non si tratta di un commissariamento, questa vuole essere solo una struttura di supporto». La sindaca Virginia Raggi ha ascoltato senza battere ciglio, nonostante il Campidoglio puntasse a intestarsi le gestione dell’operazione con «Fabbrica Roma». Chi ha partecipato al tavolo descrive una prima cittadina dai toni tutt’altro che bellicosi: dopo le schermaglie con Calenda, che alla vigilia dell’incontro aveva esortato i Cinque stelle a non presentarsi «con la lista della spesa», ha prevalso la cordialità. È stato lo stesso ministro a scusarsi per quella frase («sono stato frainteso») parlando di «bellissimo avvio» anche se nelle settimane precedenti «avevamo un po’ discusso». Sulla stessa lunghezza d’onda l’inquilina di Palazzo Senatorio: nel breve discorso post vertice, mentre fuori i lavoratori di Sky e Aci Informatica manifestavano contro i licenziamenti, ha subito zittito i cronisti: «È stato un confronto operativo e costruttivo. Vinciamo o perdiamo tutti insieme. I rapporti con Calenda e Zingaretti sono ottimi».
Ma alla domanda sull’opportunità che la sindaca di Torino Chiara Appendino, indagata per falso in atto pubblico, fosse sospesa ha preferito non rispondere: «Non è una conferenza stampa e non possiamo abusare della generosità dei nostri ospiti», hanno puntellato il no comment dal suo staff. Se il racconto di chi era al tavolo conferma la versione della sintonia ritrovata, all’inizio c’è stata un po’ di incertezza sui pronomi: Calenda ha oscillato dal tu al lei, memore di quando era stata la Raggi a respingere i modi colloquiali in stile anglosassone. Alla fine, il registro si è adattato al clima di collaborazione ed è stata la Raggi a chiamarlo, semplicemente, Carlo. Apertura anche dal governatore del Lazio Zingaretti: «Saremo coprotagonisti del rilancio di Roma». Su un punto, però, la prima cittadina non ha potuto fare a meno di dire la sua. Dopo che il ministro ha finito di illustrare l’idea del centro di Roma come «museo a cielo aperto» da preservare, la sindaca ha chiesto di correggere la dizione perché la sua giunta vuole occuparsi non soltanto il centro, ma anche delle periferie. Incalzata su quali fossero le sue perplessità, formali o di merito, ha tergiversato. Prossima convocazione tra un mese, il 17 novembre. Ma al netto della regia a tre, con il Mise che resta pur sempre il principale investitore, se alle prossime politiche il vento dovesse cambiare c’è il rischio che i tempi di «Sviluppo Roma» possano dilatarsi.
Carlo Calenda Il ministro dello Sviluppo economico: questo non è un commissariamento