Franco Branciaroli, un uomo nei panni di Medea
La tragedia di Euripide da stasera sul palco del Quirino
«Il progetto risale a più di vent’anni fa, il regista era Luca Ronconi. Adesso Franco Branciaroli torna a vestire i panni, scomodi, della Medea di Euripide, nel riallestimento diretto dal regista Daniele Salvo.
«Sì, ma io non interpreto una donna, sono semmai nei panni di un uomo che recita una parte femminile, il che è molto diverso». In che senso? «Il personaggio di Medea non è propriamente quello di una donna, è una divinità femminile, non è una donnetta ma usa l’aspetto prosaicamente femminile come una maschera per ingannare quasi tutti: è una bugiarda assoluta, ma per condurre a termine il suo piano ha bisogno delle altre donne, deve convertirle, portarle dalla sua parte. E, per fare questo, innanzitutto sfoggia tutta la serie di luoghi comuni sui mariti. Ma lei, ripeto, è una maschera, che nasconde tutti gli attributi maschili e basta una sua frase per capirlo. A un certo punto, dice: “Preferirei cento volte combattere, piuttosto che partorire”».
Lo spettacolo, che debutta stasera al Teatro Quirino, vuole essere un doveroso omaggio a Ronconi, scomparso due anni fa. Il grande regista, nelle sue note, scriveva tra l’altro che «Medea è una minaccia». Di solito la sua figura viene collegata ai tanti fatti di cronaca sulle madri che uccidono i propri figli ma, nell’immaginario collettivo, è anche colei che compie questo atto terribile, per vendicarsi del tradimento del suo uomo, Giasone.
«In verità — riprende Branciaroli — la Medea euripidea non è semplicemente una donna gelosa, il suo disegno è molto più ambizioso. Certamente vuole comunque vendicarsi, uccidendo la nuova moglie del suo uomo traditore e, per far questo, ricorre a uno strattagemma: fingendosi rassegnata, invia i propri bambini con dei doni per la sua rivale, doni che in realtà sono una ghirlanda e un peplo avvelenati. La futura sposa muore e Medea, per evitare che i propri figli vengano trucidati, li uccide: li ha messi al mondo lei, sono figli suoi, non di Giasone, è lei stessa a esserne anche il padre». Medea, come tanti altri personaggi della tragedia greca, è diventata materia viva nella psicoanalisi: «Se pensiamo anche a Edipo e al rapporto incestuoso madre-figlio, così come a tante altre tragedie, ci si rende facilmente conto che gli autori greci avevano previsto tutto e precorso i tempi. Il rapporto uomo-donna è quello di sempre, la natura umana non cambia e una donna non può farsi crescere la barba: questa diversità esprime qualcosa di profondo, indominabile e se pensiamo ai femminicidi, mi viene da dire soltanto che occorrerebbero leggi e pene più pesanti e severe per chi commette tali crimini, ma anche per chi stupra. Poi — aggiunge — sarebbe necessaria un’altra riflessione sul politicamente corretto». A cosa allude? «Bè, tutta questa storia del porcone di Hollywood, prima di tutto mi puzza un po’ di bigottismo e poi mi sembra più uno sgambetto politico all’uomo
Rilettura Il regista Daniele Salvo ripropone lo storico allestimento firmato da Luca Ronconi
di potere che uno scandalo sessuale. Se un tipo del genere chiede a una bella donna mi vieni a fare un massaggio, e se quella donna accetta significa che è già in zona Cesarini, perché se è così ingenua da credere che deve soltanto massaggiargli la cervicale... E la cosa non riguarda solo le donne: se un regista omosessuale mi fa la stessa richiesta, io non accetto».
A Medea non potrebbe accadere un incidente di questo genere, giusto? «Medea dallo sguardo di toro, viene definita sin dall’inizio — risponde Branciaroli — È un personaggio smisurato, dotato di un potere gigantesco, sinistro. Usa la femminilità come maschera, per commettere una serie mostruosa di delitti». Al suo cospetto, Weinstein ci avrebbe pensato bene prima di farle un’avance erotica. «Penso proprio di sì».