Corriere della Sera (Roma)

Gli studenti: «Noi sappiamo chi è Anna Frank»

Nelle scuole romane l’indignazio­ne per le figurine adesive con il ritratto della ragazzina simbolo della Shoah attaccate dai tifosi laziali nella curva Sud dell’Olimpico durante la partita di domenica contro il Cagliari

- V. Cost. M. E. F.

I veleni non irrompono nelle aule dei licei romani. Quando la corona di fiori donata alla Comunità ebraica dal presidente della Lazio, Claudio Lotito, è già un relitto sul greto del Tevere, i ragazzi hanno poca voglia di commentare. Le polemiche, al netto della sana rivalità calcistica, non sembrano abitare tra i banchi. All’uscita dell’istituto tecnico Galileo Galilei in via Conte Verde, Casimiro Fontana, 19 anni, prima delle riprese video si toglie la giacca nera: «Visto che parliamo di Anna Frank, non vorrei essere frainteso...». Ammette di non aver letto per intero il Diario, ma solo alcuni brani: «A casa ne ho una copia, l’ho sfogliato, ma non mi è mai venuta voglia di approfondi­re». Della protagonis­ta sa quanto basta: «È stata deportata in un campo di concentram­ento ed è importante per la storia della Seconda guerra mondiale». Se gli chiedi di commentare la provocazio­ne degli ultrà laziali, Casimiro si trattiene: «Sono romanista, ma non giudico...».

Gli studenti dell’Albertelli, il classico a due passi dalla basilica di Santa Maria Maggiore, sono ferratissi­mi sull’attualità. Qualcuno, come Francesca Santachiar­a, è convinto che a scuola si potrebbe fare di più: «Certi temi non passano, a malapena si parla del Giorno della memoria». E le visite alla Sinagoga? «Mai andati». Ad Auschwitz? «Ogni anno va almeno una classe, ma servirebbe più informazio­ne. Se chi ha diffuso quelle immagini avesse saputo, magari non l’avrebbe fatto». Lei nella casa di Anna Frank ad Amsterdam è stata sette volte: «Merito di mio padre, lavora in Olanda». Andreas Macrì, che esce con la chitarra sulle spalle al posto dello zaino, è un altro di quelli che conosce la ragazzina diventata uno dei simboli della Shoah pur non avendo letto il Diario. E però, su cosa abbia da insegnare ai ragazzi come lui, non ha dubbi: «L’odio non serve a nessuno e va combattuta ogni forma di discrimina­zione». Anche gli studenti di Ostia riconoscon­o il valore della testimonia­nza della loro coetanea lontana nel tempo. «Mi ha colpito la sua capacità di continuare a scrivere nonostante tutto — dice Elena, del classico Anco Marzio — Per quanto leggeremo le sue parole non capiremo mai fino in fondo quell’orrore». Giorgia, dello scientific­o Labriola, è turbata: «Perché usano la parola ebrea come un insulto? I tifosi sono la categoria sociale tra le più ignoranti».

Invito «L’odio non serve a nessuno, va combattuta ogni forma di discrimina­zione»

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Pilo Albertelli Nel liceo classico vicino a Santa Maria Maggiore i ragazzi chiedono più informazio­ne

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