San Lorenzo in piazza contro la movida
In testa al corteo tanti bambini della primaria Saffi: «Vogliamo un quartiere pulito e un nuovo parco» Il sopravvissuto al bombardamento del ‘43: «Noi residenti ormai ci sentiamo estranei, diamo fastidio»
La mappa della vivibilità la disegnano i bambini della primaria Saffi sul cartellone che apre il corteo. Titolo: il quartiere che vorrei. Quando piazza dell’Immacolata inizia a riempirsi per la manifestazione contro il degrado, nei locali sfrigolano già crêpe e patatine. Mentre i vicoli s’impregnano dell’odore di kebab, e le campane segnano le sei, centinaia di residenti sfilano verso piazzale Tiburtino. Sono i più piccoli a scandire lo slogan della protesta: «Vogliamo un parco nuovo». Da dietro, gli adulti ululano al megafono: «San Lorenzo deve continuare a essere aperto e interrazziale, ma nel rispetto di tutti: anche di chi si sveglia presto per andare al lavoro».
Il bisogno di partecipazione unisce sanlorenzini vecchi e nuovi. Ciocche colorate si mescolano alle chiome imbiancate dagli anni. Racconta un’insegnante di prima, Alessandra Casadio: «Per entrare a scuola i miei alunni fanno lo slalom tra mucchi d’immondizia e bottiglie Insegniamo loro a rispettare l’ambiente, abbiamo i cestini per la differenziata, ma se fuori è una discarica...». Ed ecco che il fastidio per i sacchi di rifiuti ammassati negli androni dei palazzi, qui il porta a porta non è mai decollato, dà voce all’appello «Ama...ci di più». Ad armarsi di cartelli, cassette di polistirolo trasformate in stendardi, sono anche i commercianti che si sentono abbandonati. «Da anni chiediamo un nuovo bando per il mercato di largo degli Osci — si sfoga Patrizia F., titolare di un chiosco di abbigliamento — , ma continuano a rimpallarci da un ufficio all’altro». Da una trentina le postazioni si sono ridotte a dieci: «Il lunedì, senza i pescivendoli, siamo quattro gatti. E pensare che nel ‘62 il mercato scoppiava di vignaroli». Due anziane in soprabito e foulard, che abitano in viale dello Scalo San Lorenzo, avanzano sottobraccio con la faccia scura: «Da quando hanno aperto la discoteca (l’ex Dogana, ndr) non si dorme più. La mattina è un tappeto di vetri rotti, la povera fioraia si sveglia alle cinque per lavare la strada: non bastavano i bisogni dei cani, ormai è un vespasiano». Armando Gioberti, 80 anni, è sopravvissuto al bombardamento del ‘43: «Sono rimasto sotto le macerie, continuo a sentirmi un miracolato». Dopo aver cambiato molte città, l’anno scorso si è ritrasferito nel quartiere: come l’ha trovato? «Sono rimasto scioccato. Non vorrei esagerare, ma è stato quasi come tornare ai tempi della guerra... Fino agli anni Novanta si viveva ancora con le porte aperte, c’era un senso di comunità». E adesso? «Siamo diventati un corpo estraneo, diamo fastidio. Hanno aperto troppi locali pensando di fare concorrenza a Testaccio e Trastevere, ma i servizi sono inadeguati». Cosa l’ha spinta a scendere in piazza? «Dobbiamo recuperare il quartiere, sottrarlo a questa deriva scellerata. È un po’ come spalare una montagna con un cucchiaino da caffè, ma che altro possiamo fare?». Nel frattempo, il comitato di quartiere accelera sulle denunce: rincuorati dalla giurisprudenza, i cittadini vogliono essere risarciti per i danni subiti a causa della movida molesta e i disservizi nella raccolta dei rifiuti.
La maestra «Per entrare a scuola i bambini fanno lo slalom tra mucchi di rifiuti e bottiglie rotte, mentre in classe insegniamo loro a rispettare l’ambiente» L’anziana «Da quando ha aperto la discoteca in via dello Scalo di San Lorenzo non si dorme più e la mattina le strade sono ridotte a un vespasiano»