La rockstar dei film d’autore
L’ex enfant prodige Xavier Dolan: «I miei lavori nascono dal cuore spezzato»
«Vi presento un mio amico di 28 anni, Xavier Dolan», dice il direttore della Festa del cinema Antonio Monda. Dolan è la rockstar del cinema d’autore. Si presenta con i capelli biondi ossigenati, come li portava una volta. Quasi ogni suo film ha vinto qualcosa d’importante a Cannes. «Ma preferisco recitare anziché dirigere, e lo farò di più nei prossimi anni».
Questo ragazzo del Canada francese è un istintivo che respira con i suoi attori, ha un rapporto fisico con la macchina da presa, sbandiera la sua assenza di cultura cinematografica e non sai da dove tiri fuori quell’intensità, quel saper raccontare il dolore facendosi carico di tutte le sofferenze del mondo. Tutta questa autoanalisi pubblica te la racconta con un sorriso da teen-ager. Commenta le clip dei suoi film, confessa il suo amore per Titanic e per Chiamami con il
tuo nome del nostro Luca Guadagnino, autore amato più in America che in Italia: «È un film potente, profondo, delicato. Cambia il modo in cui vedi l’arte. E’ raro che il cinema celebri la sofferenza, cerchiamo lacrime felici, storie che ci facciano ridere. Lì invece sperimentiamo il rifiuto dell’amore. E’ il dolore che ti permette di creare. I miei film sono nati dal mio cuore spezzato».
Al cinema ha cominciato perché era disoccupato come attore: «Non ho frequentato scuole di cinema. Ho solo un diploma. Avevo bisogno di raccontare storie: il rapporto tra madre e figlio, o con la società. Il problema era iniziare la mia vita d’artista. Siccome non me lo permettevano gli altri, l’ho fatto da solo, parlando di me, con Ho ucciso mia madre nel 2009». Aveva 21 anni.
Modelli? «Non ho visto troppi film nella mia vita e me ne vergogno, vedo la delusione della gente quando mi dicono che li ho fatti pensare a qualche film che io non ho visto, ci sono buchi da riempire nella mia cultura cinematografica. Vi consiglio un libro,
Ruba da artista, lo trovate su Amazon. Dice: Inizi che sei fasullo e poi diventi reale. Non sai chi sei finché non crei, avviene anche attraverso il furto di idee. Un percorso di crescita. Finché arriva il giorno in cui saranno gli altri a rubare a te». Gli piace indagare il rapporto «tra felicità e libertà di essere quello che sono. Ma non sempre si raggiunge la felicità. C’è tanto cinema su gente senza speranza né fortuna, tutto gli è contro. A me piace fare film su gente che combatte per essere cosa sono veramente, gente che vuole cambiare sesso, che cerca uno spazio e la società ne ha paura, magari non vincono ma non escono sconfitti».
Tom à la ferme: «Cos’é? Un dramma psicologico, forse. Mi manca questo tipo di linguaggio. Il mio adorato Titanic (che ha la forza del sogno) cos’è, un dramma storico? Una sera il mio agente mi invitò a una cenetta casual. Mi disse così. Mi ritrovai accanto a Charlize Theron, Sean Penn, Ron Howard e altri pezzi da novanta Ognuno disse il film della sua vita. Pensai: quando dirò Titanic, come mi guarderanno?».