COSA C’È SOTTO ALLE BUCHE
Sulle buche di Roma si sta disputando una partita che va ben oltre la città. Sembrerebbe un’iperbole, e invece, a ben guardare, sul tavolo non ci sono soltanto asfalto e disagi, bensì un’eventualità che potrebbe interessare il Paese. La situazione è presto riassunta. Molti anni di nongoverno, certamente ascrivibili solo in minima parte ai Cinquestelle, hanno ridotto le strade della Capitale a un pericoloso campo da motocross, indegno di una città europea. I soldi per rifare il manto stradale, e riportare Roma a quel che dovrebbe essere, non ci sono e le procedure sono lunghe e farraginose. Va poi detto che il bilancio del Campidoglio è vicino al dissesto, con i buchi provocati in parte dalle municipalizzate e dalle cattive gestioni economiche, in parte dall’insufficiente trasferimento di fondi dallo Stato. Per porre rimedio a questa situazione, che condanna la città favorendo una certa vocazione all’immobilismo, è intervenuto il governo, attraverso il ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda, che si è subito posto come «ente» centrale del risanamento di Roma. Il ministro ha garantito che lo Stato è pronto a finanziare lavori per circa due miliardi e 500 milioni, il doppio (attualizzato) di quanto si spese per il Giubileo del 2000, ultimo grande intervento nella Capitale. Ma chi gestirà questa massa di denaro? Il cosiddetto «tavolo per Roma» ha per ora tre gambe - e i detrattori potrebbero dire: come quelli delle sedute spiritiche - ma per ora questa è la situazione, e non è neanche sfavorevole.
Ministero, Regione e Comune, lavorando d’intesa, si sono dati la regia condivisa dell’intera operazione. Bisogna però dire che, come nella «Fattoria degli animali», c’è qualcuno che è più condiviso degli altri: in questo caso il Ministero, nella persona di Carlo Calenda, il quale ha in mano il vero pallino che, come spesso capita, è rappresentato dal denaro. E chi ha il pallino lo lancia dove ritiene opportuno. In questo caso non in Campidoglio. Sulle buche, infatti, il ministro ha deciso che a richiuderle sarà Invitalia, società dello Stato che può avvalersi di procedure snelle. In settimana dovrebbe concludersi la mappatura del dissesto ed entro novembre si apriranno i primi cantieri. Se così sarà, Roma potrà avere parte del manto stradale rifatto. E su ogni buca chiusa ci sarà il marchio del ministro, che sembra piacere a destra e a manca. A questo punto si aggiunga la variabile che potrebbe rendere l’intera vicenda di rilevanza nazionale: le elezioni politiche di primavera. Stando alle previsioni, il nuovo Parlamento sarà come il tavolo per Roma: a tre gambe, con tre forze non distanti l’una dall’altra. E se prima o poi due di queste forze dovessero discutere di nomi su cui raggiungere un compromesso per Palazzo Chigi, non si esclude che possa spuntare il suo: Calenda ha fatto il lavoro di ministro, non s’è mai iscritto al Pd, è figlio dell’establishment culturale, piace in parte a destra e in parte a sinistra, ha lavorato in aziende internazionali, e ha saputo chiudere le buche di Roma (speriamo), avviando il risanamento della Capitale (speriamo). E quest’ultimo sì che sarebbe un vero miracolo.