La lotta della boutique contro suk e multe
Esquilino, negozio a rischio chiusura: verbali per 10 mila euro, vicino aprono i minimarket
Cerca di sopravvivere nel suk di via Depretis dopo uno sfratto, due multe e la difficoltà a lavorare nonostante i 48 anni di licenza per la vendita di abbigliamento.
Cristina Belli che porta avanti la boutique «Tris» con la madre, Maria Luisa, è alla terza generazione di una famiglia di commercianti romani che combatte con la burocrazia e soffoca nel degrado in uno dei quartieri più antichi della capitale. «Qui in un anno hanno aperto due negozi cinesi di souvenir, noi che abbiamo un negozio storico abbiamo ricevuto due multe». Nella strada che collega Santa Maria Maggiore con il Quirinale e, continuando su via 4 Novembre, si arriva in piazza Barberini, i negozi di cianfrusaglie e i minimarket pieni di alcolici e merce scadente divorano bellezza e qualità. Intanto il regolamento per il commercio nella città storica, approvato in giunta lo scorso agosto, è ancora fermo al palo.
Via Agostino Depretis che attraversa i colli più antichi della Capitale, tra l’Esquilino, Monti e Castrense, rappresenta tutti i mali della città concentrati in meno di quattrocento metri.
Prima di intraprendere la salita da Santa Maria Maggiore verso piazza del Viminale, il negozio Tris della famiglia Belli è assediato dai negozi di souvenir, finte pizzerie tipiche, minimarket gestiti da bengalesi, negozi sfitti e il mercato di via Napoli, con la merce a 3 euro. La boutique di abbigliamento, con tessuti di qualità e fattura artigianale che l’anno prossimo compirà i 50 anni di licenza, è arredato con mobili d’antiquariato, tra una balconata in legno e i soffitti d’epoca con stucchi e rosone.
Ma il trasferimento della licenza da una via all’altra del I Municipio, in pieno centro storico, non è stato accettato. «Lo scorso anno ci hanno “buttato” fuori dai locali dove eravamo in affitto in piazza San Silvestro - ricorda Cristina Belli -. Abbiamo chiesto subito il trasferimento di licenza in via Depretis dove io e mia madre, nata nel 1937, siamo proprietarie delle mure del locale». E qui inizia l’avventura del permesso respinto perché quelle mura risultavano affittate a un negozio di fiori. «Due mesi dopo i vigili ci hanno fatto 5.300 euro di multa - aggiunge - perché nella strada vige una delibera per cui è vietata l’apertura di qualsiasi negozio di abbigliamento». La titolare della boutique si riferisce a una delibera comunale (la n.10 del 2009) che all’epoca mirava a combattere l’invasione dei negozi cinesi. Nel frattempo, però, il problema sono diventati i minimarket e i bazar di souvenir. Due dei quali nell’ultimo anno, al contrario del Tris, hanno avuto il via libera per aprire. «Nessuno si è preoccupato di venire a vedere come il nostro negozio possa rivalutare decoro e commercio - sottolinea Belli -. Un negozio di souvenir è proprio di fronte al palazzo del Viminale. E nel pomeriggio quando il vigile urbano finisce il turno, l’intero marciapiede è coperto di cumuli di magliette, elmetti di centurioni e targhette dell’Antica Roma». Merce in mostra tra vetrine impolverate e cartelli «Affittasi» dei negozi chiusi. Arrivati a ridosso di via Nazionale, nei pressi del Quirinale, se ne contano almeno sei di questi bazar.
Intanto il nuovo regolamento del commercio nella città storica dell’assessore Cinquestelle Adriano Meloni, contestato da molte associazioni, deve completare l’iter di approvazione. «La proposta prevede l’abrogazione della delibera 10, estendendo anche al Rione Esquilino le regole valide per tutto il resto del sito Unesco», sostiene Tatiana Campioni, assessora del I Municipio. «Intanto si potrebbe approvare in Assemblea capitolina una delibera di abrogazione del documento del 2009 - propone Campioni - estendendo anche al Rione Esquilino il Regolamento valido attualmente per il resto della Città storica del 2006». Così si risolverebbe il blocco della licenza del Tris. Ma il suk che dilaga divora bellezza e storia. E uccide i negozi di qualità.