Io e Borg, amici-rivali sui campi da tennis
Adriano Panatta e il leggendario campione svedese per il film alla Festa del cinema
Finalmente un po’ di glam internazionale, venerdì anteprima del film di Janus Metz
Borg-McEnroe: la leggendaria rivalità tra i due tennisti. Una festa come si deve alla Festa del cinema: 600 invitati, attori, da Michael Shannon a Fabrizio Gifuni; campioni dello sport, dal nuotatore Filippo Magnini allo schermidore Aldo Montano. E soprattutto gli ultimi re della racchetta in Italia, Paolo Pietrangeli e Adriano Panatta.
Panatta, abbiamo definito Borg e McEnroe le rockstar del tennis. «E avete fatto bene». Ha visto il film? «No, lo vedrò venerdì. In genere i film sul tennis sono tremendi, se giocano gli attori ci metti un secondo per capire che non sono credibili». Di Borg, lei era amico. «Lo sono tuttora. Abbiamo avuto, a molta distanza di tempo, la stessa donna, Loredana Berté. Finché ha giocato era una persona solitaria, siè rivelato una persona diversa».
McEnroe nella sua autobiografia scrive che finiti gli incontri era uno scavezzacollo già all’epoca, la birra sempre in mano e in discoteca con Gerulaitis a fare le ore piccole.
«Sono le balle di John. Impossibile andare nei tornei e fare bisbocce. Poteva darsi, se perdeva al primo turno: ma quando è successo? Certo una volta smesso, ne ha fatte anche troppe».
È vero che Bjorn ha venduto i trofei per problemi economici?
«L’ho letto anch’io, mi sembra strano, non glielo chiedo perché lo trovo indelicato. Non se la passa male, fa tante esibizioni delle leggende, è testimonial di una nota marca di orologi...».
Agli inizi della carriera, Borg era un cacciaguai.
«Giocava anche a hockey su ghiaccio, sport violento. Sì, era irrequieto e anche Federer, altro campione imperturbabile, da ragazzino era fumino».
Perché Federer e Nadal nell’immaginario suscitano meno emozioni?
«Federer è sposato, ha quattro figli e mai un’avventura fuori dal matrimonio. I personaggi nascono dalla trasgressione». Lei chiamava Borg il matto calmo. «La sua natura era quella, era talmente compresso quando giocava». Ma a Marbella... «A Marbella lo portai sottobraccio nella sua camera d’hotel, aveva bevuto, non si reggeva in piedi. Il giorno dopo avevamo un match. Pensai: lo straccio. Mi batté 6-1, 6-2».
Secondo internet su 15 vostri match lui ne ha vinti 9.
«Mi sembrava di averne vinti di più . Lui pativa il mio gioco perché era imprevedibile». Di McEnroe era amico? «Sì, e anche con lui c’è sempre stato grande rispetto. L’ho sfiorato negli ultimi due-tre anni della mia attività, ha dieci anni di meno. Scenate mai. All’ultimo Roland Garros delle leggende il doppio volle giocarlo con me. Siamo usciti in semifinale dopo un suo turno di servizio perso. Mi ha scritto un messaggio per scusarsi».
Alla fantastica finale di Wimbledon del 1980, raccontata nel film, 34 punti al tie-break,lei per chi tifava?
«Per Borg, lo conoscevo di più. Dopo ho sempre tifato McEnroe, più simile al mio gioco sotto rete».
Borg ha inventato il tennis moderno o l’ha ucciso?
«L’ha ucciso. Glielo dico sempre. Lui ride».
Alla Festa del cinema c’è anche il documentario sull’allenatore-guru Nick Bollettieri.
«Nick è un gran parac... Ha costruito un grande centro sportivo ed è stato soprattutto un uomo di marketing. Tecnicamente ne conosco venti migliori di lui a insegnare, preferisco un’osservazione di Tiriac o di Bertolucci».
Agassi, che fu allievo e «vittima» di Bollettieri, dice che ogni match è la vita in miniatura.
«Ha ragione. Non devi esaltarti se le cose vanno bene, non devi deprimerti se vanno male».
Esiste la solitudine del campione?
«Eccome. Sei solo con te stesso in campo e devi cavartela da solo».
Avrebbe potuto vincere di più eliminando qualche amatriciana?
«Questa è una leggenda. Certo in Svezia non sanno cosa sia l’amatriciana, e io mi facevo piatti così. Ma a certi livelli devi allenarti in maniera dura».
Quanto tempo dobbiamo aspettare prima di vedere un altro Panatta?
«Poco, spero. Così la finite di rompermi le p... con questa domanda».
Ps: alla fine gli chiediamo di darci una risposta seria e lui dice: «È uno sport complicato dove servono tante caratteristiche». Insomma, il mistero sul mancato campione italiano dopo quarant’anni resta.