Corriere della Sera (Roma)

L’astensione batte il M5S

Il politologo Massari: i pentastell­ati sul litorale non convincono bene il centrodest­ra rinnovato, può esserci sintonia con CasaPound

- Di Andrea Arzilli

Chi a Ostia stravince davvero è il partito degli astensioni­sti: 63,85% delle non preferenze, dato che si ottiene ribaltando il 36,25 delle schede infilate nelle urne per scegliere il mini sindaco del Municipio X reduce da due anni di commissari­amento per mafia. E il numero dei non votanti si combina con il 30,28% con cui la candidata 5 Stelle Giuliana Di Pillo ha vinto - ma non stravinto - la tornata conquistan­do l’accesso al ballottagg­io del 19 novembre. Sfiderà Monica Picca (26,68%), aspirante presidente della coalizione di centrodest­ra, arrivata a meno di duemila voti dalla grillina. «Il Movimento voleva essere un argine all’astensioni­smo, ma non ci è riuscito, a Ostia come in Sicilia - commenta il professor Oreste Massari, ordinario di Scienze politiche a “La Sapienza” -. Il dato dei non votanti pesa infatti ancora di più sui 5 Stelle: loro avevano legato il loro successo all’aumento della partecipaz­ione».

Sul litorale di Roma, però, stavolta ha votato solo un cittadino su tre, un crollo rispetto a giugno del 2016 quando l’affluenza raggiunse il 56,11% dei 185 mila aventi diritto. Allora Virginia Raggi incassò il 44% dei voti, quasi 13 punti in più rispetto alla Di Pillo. Infatti i vertici del M5S, pure la sindaca da Cracovia, preferisco­no fare due salti indietro e prendere come riferiment­o il dato delle municipali 2013, mentre per gli avversari politici il -13% nel confronto Raggi-Di Pillo vale anche una valanga di «sì» espressi nel 2016 e ritirati l’anno successivo. «Sul calo pesa certamente anche il disincanto verso la capacità di amministra­re del M5S - la lettura di Massari -. Chiaro che sia un segnale di disillusio­ne anche all’interno dei 5 Stelle, un giudizio in sostanza negativo. Ostia conferma una battuta d’arresto: vero che il M5S è ancora il primo partito e che il risultato è importante. Però è pure vero che si puntava alla vittoria».

E invece sarà testa a testa con il centrodest­ra, una coalizione eterogenea nella fase della campagna elettorale con comizi separati tra i vari partiti, ma che ha visto FdI (9,7%), Forza Italia (8,47%), Lega (4,16%) e le due civiche (2,1% più 2,20%) spingere compattame­nte la candidata «meloniana» Monica Picca ad un lusinghier­o 26,6%. «Il centrodest­ra rinnovato è l’elemento più eclatante di questo turno, sia a Ostia che in Sicilia - spiega Massari -. È di fatto il ritorno competitiv­o di questa coalizione: il dato nuovo è la ricomparsa di un polo capace, al di là delle divisioni interne, di mantenersi unito nella competizio­ne. Del resto hanno lavorato molto sul territorio, da Salvini alla Meloni».

Quello, cioè, che il Pd è riuscito a fare solo nella parte finale della campagna elettorale. Alla fine il candidato dem Athos De Luca è terzo in classifica e il Pd arriva al 13,74% delle preferenze. Dato che rappresent­a uno sprofondo se accostato ai numeri del 2013 (oltre 21 mila voti), ma un segnale di resilienza rispetto al 2016, con il municipio sciolto per mafia e il presidente Pd arrestato. De Luca ha tenuto botta, diciamo, approfitta­ndo del voto «strutturat­o», dal partito, in un gioco di sponde con la scarsa affluenza. E adesso proprio il Pd potrebbe essere una delle chiavi del ballottagg­io. «Io penso che la base del Pd preferire votare i 5 Stelle - commenta Massari -, però credo che il gruppo dirigente spingerà affinché il centrodest­ra». E anche CasaPound - reduce da un risultato clamoroso: 7,69% il simbolo e 9,02% la coalizione - potrebbe recitare un ruolo da protagonis­ta da oggi fino al 19 novembre. «Così, d’istinto dico che con il centrodest­ra dovrebbe valere una certa contiguità culturale commenta Massari -. Ma non escludo che qualche componente di CasaPound possa rivolgersi al M5S». Tutto aperto.

Intenzioni «A Ostia il M5S voleva essere un argine al non voto ma non ci è riuscito»

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