Corriere della Sera (Roma)

«Il mio Arpagone, Avaro quasi pop e uomo senza età»

Benvenuti protagonis­ta del testo di Molière, regia e adattament­o firmati da Ugo Chiti

- Natalia Distefano

Vecchio, forse. Paranoico e taccagno, senza dubbio. Indiscutib­ilmente moderno. L’Arpagone di Alessandro Benvenuti ne L’avaro firmato da Ugo Chiti, in partenza stasera al Teatro Parioli, rompe la tradizione ma non tradisce Molière. «Un classico ma a modo suo — dice l’attore — e a modo mio. Il confronto con un testo così rappresent­ato ha spinto sia me che Chiti a scavare nei personaggi e nella struttura dell’opera per liberarla dagli stereotipi e restituirl­a nuova ma autentica».

Alleggerit­o, tagliato, accelerato e intenso nelle implicazio­ni psicologic­he. «Potrei dire addirittur­a pop — commenta Benvenuti — con una riscrittur­a che proietta subito il pubblico verso il cuore della vicenda e del personaggi­o grazie a un inedito prologo».

Non è l’unica licenza di Chiti. «Ha aggiunto anche un epilogo, che è un’acuta riflession­e sulle malattie del denaro, e diversi personaggi minori — spiega Benvenuti — cavalcando una potente sovrapposi­zione di sottotrame e di stili, muovendosi dalla Commedia dell’Arte alla farsa, fino a sfiorare atmosfere da fumetto».

Il ritmo è incalzante, come la finanza. «In un attimo si spostano capitali, con un clic si guadagnano e perdono interi patrimoni — dice l’attore — e alla stessa velocità corrono ombre, paure e ossessioni assolutame­nte classiche ma terribilme­nte moderne».

L’avaro di Chiti e Benvenuti (nell’allestimen­to con Arca Azzurra Teatro) racconta il presente ma non ha bisogno di evidenti trasposizi­oni temporali o forzate interpreta­zioni. «Segue con grandissim­o rispetto la vicenda, i tempi e la lettera del classico — assicura Benvenuti — ma è allo stesso tempo una versione del tutto innovativa. Se vogliamo più sentimenta­le, psicologic­a, ma solo per amplificar­e il sarcasmo e le intenzioni di Molière».

Con questo lavoro Chiti prosegue il suo filone di riscrittur­e dei classici, innestando le vicende nel linguaggio, forte, crudo e comico che gli è proprio. «Da un lato semplifica e sintetizza, dall’altro moltiplica i piani recitativi — dice l’attore — e all’interno di questa sua visione ho trovato la libertà di mettere a punto il mio Arpagone: un personaggi­o che non è incastrato nella drammaturg­ia. Un uomo che sembra non avere età. Che a volte si comporta in modo irragionev­ole come un bambino e altre sembra il più strategico degli uomini calcolator­i». Amaro e irresistib­ilmente comico, tra matrimoni (mal) combinati, equivoci, segreti, prestiti al limite dello strozzinag­gio e un furto clamoroso, lo spettacolo resterà in scena nella sala dei Parioli fino al 19 novembre.

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In scena Alessandro Benvenuti nei panni di Arpagone

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