Giallo parcometri Dieci milioni spariti all’Atac
Il ruolo degli uomini di Carminati nell’«affare»
Giallo parcometri, 10 milioni spariti all’Atac: è il mancato incasso degli apparecchi, dai quali qualcuno ha sfilato le carte sim impedendone il funzionamento. La Corte dei conti indaga per danno erariale mentre i pm penali approfondiscono il ruolo di Piero Tomassi, ai vertici dell’appaltatrice Security Park e legato a Massimo Carminati.
Parcometri: la Corte dei conti indaga sulla mancata manutenzione delle colonnine Atac. Con un danno fra i dieci e i quindici milioni di euro per le casse capitoline (stima per difetto). Soldi che potrebbero essere finiti — lo dirà l’inchiesta penale in corso dal 2016 — nelle tasche di un’associazione per delinquere che mescola dirigenti della municipalizzata a vecchi arnesi della criminalità organizzata. Il pubblico ministero contabile, Massimo Perin, ha delegato i finanzieri del Tributario ad approfondire il capitolo.
Nel frattempo ecco alcune certezze: 1) qualcuno ha sfilato le carte sim dai parcometri lasciando l’Atac al buio riguardo l’incasso delle strisce blu 2) la società alla quale la municipalizzata s’era affidata per la manutenzione delle colonnine, la Security Park che collaborava con la Parkeon titolare storica della gestione-parchimetri, faceva capo a un ex socio di Massimo Carminati, il «cassettaro» Piero Tomassi, un uomo dal profilo non proprio istituzionale 3) per un numero imprecisato di anni, fino all’arrivo dell’ex direttore generale Marco Rettighieri che avviò un’ispezione interna e denunciò le circostanze a magistrati e amministrazione capitolina, centinaia di colonnine non hanno funzionato, costringendo i cittadini a servirsi dell’alternativa cartacea (il grattino) facendo felici edicolanti e tabaccai 4) non disponendo dei dati in memoria, le sim appunto, l’Atac non ha potuto effettuare alcuna verifica in casa anche sulle monetine incassate, e dunque è stata per anni nelle mani della security (Sipro) che si occupa del ritiro dell’incasso giornaliero. Qualunque dipendente infedele della Sipro avrebbe potuto avvantaggiarsene ai danni di Atac.
L’audit interno dal quale è scaturito l’allarme risale al 2016 e individua un lungo lasso di tempo nel quale i parcometri sono praticamente al buio, dopodiché gli esperti procedono nella stima del mancato ricavato. Colpa della Security Park e di Tomassi? Difficile da dirsi su due piedi ma intanto il risultato è sconcertante: il Campidoglio non avrebbe riscosso fra i 10 e i 15 milioni di euro per le strisce blu.
Per quanto apparentemente scandaloso il caso non è unico. Un altro, quasi sovrapponibile, si era verificato anni fa all’Eur. Evidentemente non è servito a vaccinare la pubblica amministrazione da personaggi oscuri. Era l’affaire della Union Park l’azienda che si occupava di gestire le strisce blu dell’Eur e che faceva capo ad Alfonsa Nicolini e a Stefano Virgili, coinvolto nell’inchiesta sul furto al caveau dentro palazzo di giustizia.
Vale la pena di ricordare che il caso Union Park era esploso ai primi del Duemila. Con clamorose proteste dei cittadini per una sosta a pagamento che, in virtù di non si sa quale autonomia rivendicata dalla Union Park, costava il doppio rispetto a quella di altre aree della città. L’inchiesta, per associazione a delinquere e corruzione, accertò che la società di Virgili agiva di sponda con il Municipio. L’ex presidente dell’Eur Paolo Pollak (il fratello Fabrizio era finito in un’indagine poi confluita negli approfondimenti di Mafia Capitale) fu chiamato in causa dai magistrati contabili per danno erariale assieme ad altri due funzionari dell’allora XII Municipio. Il contratto con la Union Park fu rescisso (quando il danno era già fatto) anche grazie a una lettera inviata dall’allora prefetto Achille Serra al Campidoglio. Non mancarono colpi di scena clamorosi, fra i quali la violazione del registro degli indagati da parte di un agente di polizia giudiziaria e due vigili della Municipale per appurare il loro coinvolgimento nell’affaire.
A quindici anni di distanza le analogie con il caso parcometri colpiscono. Dopo aver prodotto una prima relazione i finanzieri del Tributario sono stati delegati a fare ulteriori accertamenti.
Nuovi e vecchi sprechi. Ieri mattina, alla Corte dei conti, si è svolta un’udienza su altri sperperi della municipalizzata dei trasporti. Stavolta si tratta di un vecchio capitolo, relativo ad alcuni lotti di vetture fornite dalla Breda Menarini. Secondo la Finanza, quelle vetture (decine) erano caratterizzate da freni carenti, infiltrazioni di acqua, monitor difettosi e aria condizionata in avaria, difetti mai segnalati al fornitore. Il danno, secondo i magistrati, è stato di circa nove milioni euro. Salvati dalla prescrizione l’ex assessore alla mobilità Mauro Calamante e l’ex manager Gioacchino Gabbuti.
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