Pippo Delbono, la scelta della gioia
Per Pippo Delbono, in scena al Vittoria, impugnare il microfono per rivolgersi al pubblico o per recitare (nel suo teatro è la stessa cosa), appare consuetudine. Ma nel caso di Adesso voglio musica e basta è consuetudine o è necessità, o meglio una necessità artistica? Nel caso sia una scelta, come sono propenso a credere, che scelta è? Lo dice il titolo, è una scelta musicale. Per la prima di quattro diverse puntate, Amore e
carne, era accompagnato da un violinista, Alexander Balanescu, vestito come un violinista di strada, e come uno di questi capace di strapparti l’anima. Ma la musica di Balanescu e le parole che sussurra, mormora, borbotta nel microfono Delbono, quelle parole di amore, solitudine, esilio, rabbia, (ho captato invettive contro la sua Liguria) - quella musica e quelle parole restituiscono una forma unica, un concerto, o forse, addirittura, un melologo in forma di happening. Si parte, dice Pippo, dall’alto, da Eliot; si arriverà fino in fondo, nella quarta puntata, con il vecchio compagno di avventura Piero Corso, fino a La
notte di Koltès. Si, va bene, si arriverà fino in fondo. Ma il nocciolo di questa nuova avventura lo rivela il titolo di un libro nuovo di zecca (ho passato la notte a leggerlo). La
possibilità della gioia di Gianni Manzella ripercorre da vicino, fraterno, la storia di Delbono. Questo è ciò che Pippo vuole, infine la gioia. Come (con Rilke) dice Manzella: «La felicità ha il suo contrario nell’infelicità. La gioia non ha contrario».