Turbamenti e miserie dell’uomo occidentale
Da Houellebecq «Le particelle elementari» di Gosselin
Michel Houellebecq è quello che è, uno dei più celebrati scrittori della sua generazione, ma anche uno dei più controversi, accusato di ambiguità, razzismo, oscenità, misoginia. Indossando come sempre il parka, con il cappuccio bordato di pelo bianco, qualche settimana fa alla fiera del libro di Francoforte ha polemizzato con i suoi connazionali francesi – con l’avvento del presidente Macron sarebbero tornati a essere un popolo vanitoso, arrogante, stupidamente patriottico. Andando a ritroso, lo scorso giugno, a New York, Houellebecq aveva presentato una mostra di sue fotografie: deprimenti paesaggi della Francia, senza l’uomo, senza vita, contrapposti a lontani paesaggi solari che evocano piaceri a pagamento. Nel 2015, il suo romanzo Sottomissione fu definito da molti una provocazione anti-islamica, mentre altri - all’opposto – accusarono lo scrittore di simpatizzare per l’Islam contro l’Occidente.
Tornando più indietro, al 1998, ecco Le particelle elementari, romanzo choc che diede la fama internazionale a Houellebecq, anche come polemista, «siate abietti, sarete veri»: la solitudine esistenziale, la miseria affettiva dell’uomo occidentale nella seconda metà del Ventesimo secolo, «un’epoca infelice e travagliata», epoca «odiosa» degli hippy, della libertà sessuale, del Sessantotto. Un romanzo choc, com’è stato uno choc teatrale lo spettacolo che ne ha tratto a ventisei anni il regista francese Julien Gosselin: debutto folgorante al festival di Avignone nel 2013, poi il festival TransAmériques a Montréal, il Festival d’Automne a Parigi e ora arriva al Romaeuropa Festival, sabato e domenica al Vascello.
Houellebecq è uno dei più grandi scrittori viventi – ripete Gosselin - decifra l’Occidente nelle sue più profonde contraddizioni: «Sono pazzo di lui, ma a tanti fa paura il personaggio
Michel Houellebecq è un candido, mai veramente violento, anche se per leggerlo bisogna essere sani Julien Gosselin regista
pubblico, il suo lato sulfureo, il suo umore corrosivo, il carattere strano. Un cocktail esplosivo, ma Houellebecq è un candido, mai veramente violento, anche se per leggerlo bisogna essere sani. Molti hanno di lui l’immagine sbagliata di un reazionario, islamofobico, amante della prostituzione thailandese. Non voglio però essere io a riparare questa ingiustizia, Houellebecq non ne ha bisogno».
Ai classici Gosselin preferisce gli autori contemporanei, spesso i romanzi, «voglio un teatro che sia una metafora diretta dell’oggi». Il suo primo spettacolo è stato Genova 01 di Fausto Paravidino, «orazione» sui tragici fatti del G8. Lo scorso anno è tornato ad Avignone con uno spettacolo di undici ore tratto dal romanzo 2666 di Bolaño. Nelle Particelle elementari riporta sulla scena, per quasi quattro ore, i figli dei fiori peace
and love, la rivoluzione dei costumi, la morale sfrenata, l’ossessione per il sesso, i piaceri di gruppo, il sogno dell’eterna giovinezza - i turbamenti di una generazione fra edonismo e maggio ‘68, per arrivare alla post– umanità clonata del 2076.
Uno spettacolo rabbioso ma anche divertente, dal ritmo di un concerto rock con gli attori che suonano chitarre e batterie e a turno vestono i panni del narratore, in parka con cappuccio e sigaretta: perché al centro della scena c’è sempre Houellebecq, il vero protagonista, in uno stato di «leggera ebbrezza narcisistica».