Corriere della Sera (Roma)

L’INSIDIA DELLE «FACCINE»

- Di Massimo Sideri

Nei ristoranti di New York è noto che esistono in sostanza tre mance (è praticamen­te una legge non scritta): 10, 15 o 20 per cento, a seconda di come viene valutato il cameriere. In una Roma millenaria, in un ristorante di San Giovanni, qualcuno deve avere creduto di avere avuto un’illuminazi­one degna della Silicon Valley: perché, in perfetto stile TripAdviso­r, non chiedere ai clienti di dare il giudizio via app non solo sul locale ma anche sui camerieri? Una, nessuna, centomila stelline. Un rating, come quello delle banche, magari per dare un premio ai più bravi. La notizia può anche apparire simpatica, come quelle faccine con cui siamo abituati ad esprimere le nostre reazioni. Ma si presta a consideraz­ioni non banali. E nasconde insidie. La discrimina­zione può essere un atto evidente, ma anche emergere in un contesto strisciant­e: la nostra cultura dell’estetica, drogata dalla società degli spot e dell’apparire, potrebbe portarci, per esempio, a dare tante stelline non al servizio migliore ma a quello della persona più bella. Più furba. Più «piaciona», come si dice a Roma. Senza parlare del pericolo di dare uno strumento pericoloso in mano a persone che potrebbero usarlo volontaria­mente per creare danni: magari nei confronti di un cameriere di colore o gay. Non possiamo ridurre l’intera società alla piattezza di quelle faccine con cui scimmiotti­amo le nostre emozioni. Anche perché — per par condicio — dovremmo fare giudicare anche i clienti dai camerieri.

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