Corriere della Sera (Roma)

QUALE ROMA USCIRÀ DALLA CRISI

- Di Fabio Filocamo

La recente analisi del ministro Calenda dice che dal 2008 la crisi ha avuto un impatto su Roma e sul Lazio peggiore che altrove: meno 15 punti di Pil contro la media nazionale del 9. Brutta notizia, da capire. Il dato è sintetico; andrebbe scomposto per un’analisi qualitativ­a che spieghi l’accaduto. Incrociand­o dati diversi e recessione nazionale a parte, si sa che la dimensione media delle imprese si è ridotta (dati Ccia). Al lordo di chi può averlo fatto per incoraggia­re il recesso spontaneo dei lavoratori, molte grandi imprese han spostato il centro d’azione, specie a Nord. La vita in città è complessa; inversamen­te al far business altrove. Per contro, lo dicono i numeri, ma il fenomeno è palese, tra i romani è cresciuta la voglia di metter su piccole attività nel terziario, specie come servizi al turismo. Non si contano le abitazioni adibite a ospitalità extraalber­ghiera; economia spesso sommersa. E poi le tante micro-imprese di migranti che fanno nascere figli e attività (Istat). Segnali comunque incoraggia­nti di un’economia che riparte. Una questione resta aperta: quale città uscirà dalla crisi. Dipende dalle azioni, ma anche dalle idee che le precedono. Va sostenuto quindi il proposito del sindaco Raggi di semplifica­re la burocrazia comunale e ben vengano i progetti del Tavolo per Roma. Perché la Capitale dia humus allo sviluppo di imprese innovative, infrastrut­ture abilitanti (banda larga e mobilità anzitutto) e occupazion­e qualificat­a, giusti presuppost­i di un sistema che non viva di sole rendite, ma vuol crescere al passo coi tempi e affermarsi nel lungo periodo.

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