Il pizzaiolo che fa scuola a Dubai
IL SUCCESSO DAL NOMENTANO AGLI EMIRATI ARABI
La pizza, anche e soprattutto la tradizionale «teglia romana», sfornata da chef stellati. Giovani allievi del prestigioso International centre for Culinary arts, l’Icca di Dubai, usciti con un diploma professionale che vale più di un master. Anche perché hanno avuto un maestro d’eccezione. Angelo Iezzi, pluricampione del mondo della specialità, insegna infatti a decine di aspiranti pizzaioli provenienti da tutto il Medio Oriente - e anche oltre - il metodo che porta il suo nome e che ha fatto la storia della pizza con impasto ventilato (acqua, mix di farine, lievito secco, sale e poco olio extra vergine d’oliva). Dal locale di via Nomentana (accanto al comando provinciale della Guardia di finanza) - al quale si sono aggiunte molte altre attività nel corso degli anni - a Dubai per trasmettere i segreti della lunga maturazione con lievitazione controllata a freddo, della pizza più leggera di tutte, ad alta digeribilità. Un'eccellenza della Capitale esportata ovunque.
«Fino a oggi - spiega proprio Iezzi - abbiamo formato una cinquantina di pizzaioli, gli ultimi arrivano dall’Iran e dalla Siria, ma ci sono stati di recente anche un ragazzo di Addis Abeba che voleva tornare a casa per aprire un’attività, una giovane araba che ha intenzione di investire in un centro commerciale qui a Dubai, un ingegnere filippino incuriosito da quello che facevamo in una scuola per chef e che non si aspettava di trovare una specializzazione in pizza, un egiziano già titolare di 14 locali al Cairo che vuole fare il salto di qualità e un imprenditore pachistano che in realtà ha un’azienda di filati con mille dipendenti, ma vuole allargare i suoi orizzonti d’affari, dopo aver investito in sei locali “American style”».
La voce che Iezzi avesse aperto una scuola all’interno dell’Icca di Dubai, una fra le dieci-dodici accademie di cucina più importanti del pianeta- ha fatto il giro di mezzo mondo. E le adesioni si sono moltiplicate nell’arco di pochi mesi da tutti i paesi confinanti: soprattutto da Oman, Arabia Saudita e Kuwait. Adesso, appena tornato dal Golfo Persico - dove però tornerà presto per una festa alla quale parteciperanno i migliori 250 allievi destinati alle cucine di alberghi super lusso -, Iezzi già pensa al prossimo viaggio: «New York, dove sto pensando di aprire un locale, e poi Boston per mettere le basi per un’altra scuola - racconta -, in realtà da quasi otto anni ce n’è un’altra a Seul, in franchising, che ha formato più di 300 giovani non solo coreani ma anche di altre realtà del sud est asiatico ».
Un successo mondiale, dunque, che si ripete anno dopo anno, ma che arriva da lontano. Da quello che è successo nel 1987 fa quando Angelo Iezzi - ragazzino prodigio che a 13 anni spianava addirittura bendato tanto era abile a maneggiare l’impasto e che oggi è anche il presidente dell’Associazione pizzerie italiane (Api) rilevò un forno in fallimento sul ballatoio di un palazzo di via Nomentana, mezzo chilometro prima di piazza Sempione, per farlo diventare - con grandi sacrifici e superando mille difficoltà, insieme con la moglie Simonetta - il «pizza a taglio» più famoso di Roma.
Poi sono arrivati i titoli mondiali, la notorietà (anche fra i turisti stranieri che accorrevano dal centro per mangiare la sua pizza iridata), gli accordi con i produttori di farine che avevano capito la validità di quell’impasto e anche quelli di elettrodomestici dedicati (lo «Scaldapizza», ad esempio, nasce da una sua idea e da sue indicazioni).
«La verità è che noi siamo stati i pionieri della formazione e in quella ci siamo impegnati negli ultimi 25 anni - sottolinea ancora Iezzi -. A New York ne ho avuto la conferma anche di recente, mi sono reso conto che l’80% della ristorazione è italiana o italo-americana. Un patrimonio che non si deve assolutamente perdere». D’altra parte da un quarto di secolo il pizzaiolo di via Nomentana insegna nella Scuola nazionale di pizza vicino San Basilio da lui stesso fondata nel 1992, dalla quale fino a oggi sono usciti oltre 5mila professionisti, subito inseriti nel mondo del lavoro con stage nelle pizzerie associate. E se fino a qualche anno fa gli immigrati - specialmente i nordafricani - sembravano essere la maggioranza, «adesso la tendenza si è invertita: tornano gli italiani. Ed è comunque una buona notizia». Invece a Dubai gli allievi come sono? «Devo dire molto bravi, apprendono in fretta. Hanno un grande entusiasmo, ti chiamano chef. Non avendo una tradizione come la nostra, copiano le tecniche, ma lo fanno bene e così passano gli esami finali di teoria e pratica. L’unico neo - conclude Iezzi scherzando - è che mi prendono in giro perché l’Italia non giocherà ai Mondiali in Russia. Ma io gli rispondo: “Purtroppo questa è la fotografia attuale del nostro Paese, ma vedrete: ci riprenderemo anche questa volta”».