I tentativi (goffi e grotteschi) per incassare i Gratta e Vinci
Biglietti «taroccati», furbi processati: «Me l’hanno regalato...»
«Ho grattato i due biglietti e, visto che non avevo vinto nulla, li ho sovrapposti e strappati. Poi ho chiesto a mio padre di controllarli, perché a volte non sono lucido. Lui ha unito in modo errato le due metà di biglietti diversi, convincendosi che quello così formato fosse vincente. Lo strappo coincideva». Padre e figlio sono ora a processo per truffa: 50 mila euro al Maxi Miliardario.
Una lotteria nella lotteria. Nelle pieghe delle milioni di giocate quotidiane ai Gratta e Vinci sopravvive ancora la scommessa di chi prova a beffare il fato e l’ente concessionario (Lotterie nazionali, srl) alterando i tagliandi per piegarli alla propria sete di vittoria. E i controlli sempre più all’avanguardia, oltre a sradicare in buona parte il fenomeno, hanno svelato un mondo di furberie più o meno sofisticate: dal copia/incolla, all’utilizzo di trasferelli o inchiostri particolari, fino alle ricostruzioni materiali di biglietti come nel caso all’esame del giudice monocratico di Roma. Dalle 126 denunce del 2011, si è passati alle 59 del 2013, fino alle 28 del 2016 e alle 17 di quest’anno.
A febbraio scorso la Cassazione ha chiuso uno dei tanti casi confermando la condanna a un anno di carcere per un 75enne di Cefalù che provava incassare 50 mila euro con il «Turista per sempre». Una truffa, ricostruiscono le indagini, «consistita nel sostituire i simboli di gioco di un biglietto con quelli di un altro della stessa lotteria». Nello specifico, «cocktail» e «sole» al posto di «palma» e «mappamondo» così da formare la combinazione vincente. Il biglietto, che a prima vista sembrava integro, non ha passato però i controlli a cui deve essere sottoposto in caso di incassi così consistenti. L’imputato ha detto di averlo avuto in strada in cambio di una elemosina da tre euro e di averlo portato in banca per l’incasso solo dopo averlo confrontato con un altro, vero, in suo possesso. «L’alterazione del biglietto esibito era frutto di un collage particolarmente ben riuscito ed efficace ad ingannare persone non esperte», riconosce la Suprema Corte. «In tanti provano a riscuotere pochi euro approfittando della confu- sione nelle tabaccherie durante le ore di punta delle giocate, ma qui parliamo di lavori a loro modo complessi per falsificare i biglietti», dice l’avvocato Filippo Sarcì, che rappresenta in aula Lotterie srl. E proprio come una scommessa, più si è abili nella falsificazione e più si rischia, perché la legge non riconosce la truffa quando il tentativo sia grossolano e smascherabile «ictu oculi».
«I tentativi di contraffazione da parte di truffatori ci sono stati sin dall’introduzione dei Gratta e Vinci — spiegano dall’ufficio legale di Lotterie —, ma i tentativi sono stati tutti intercettati grazie alle verifiche tecniche e informatiche che rendono possibile accertare e validare con assoluta certezza se un biglietto sia vincente o meno». Denunce e processi vengono di conseguenza. E vale la pena notare come le poche assoluzioni o archiviazioni siano intervenute perché, come motivano i giudici, «in considerazione del sistema di controlli previsto, la condotta posta in essere non presenta il connotato dell’idoneità offensiva, atteso che appare non solo improbabile, ma impossibile l’inganno».
Per provarci comunque, un 51enne di Teramo aveva scelto l’obbiettivo grosso: i 500mila euro del «Numero Vincente». E la cifra che gli mancava per comporre la sequenza vincente sul suo tagliando senza fortuna era, ironia della sorte — vale la pena dire — il 17. Così l’uomo l’ha strappato da un altro biglietto e ricomposto sul suo «in un modo perfetto che non fa in alcun modo dubitare sulla autenticità», scrive il tribunale che gli ha inflitto un anno e otto mesi.
Per le sue indagini, Lotterie srl demanda i controlli alla Scientific Games Internationl inc di Atlanta, Stati Uniti, che passa al setaccio ogni aspetto della composizione del biglietto. Ne ha fatto le spese anche un pugliese di 64 anni, (4 mesi di condanna per aver provato a intascare 10 mila euro con un «Grattacieli» messo al posto di un «Venon» nel Gratta e Vinci «Spiderman 3». Anche nel suo caso, alla laboriosità dell’artifizio fa da contraltare la banalità della difesa: «L’ho trovato a terra in una ricevitoria assieme ad altri tagliandi strappati», ha detto invano l’uomo.
Il premio, non monetario ma della approssimazione, va però a un altro condannato, 63enne di Locri. I 20mila euro di cui provava ad appropriarsi col Mega Miliardario non erano per sé, ha detto al processo. Avrebbe infatti devoluto la somma ai terremotati dell’Aquila. Ma al momento della truffa, il sisma non c’era ancora stato.