Corriere della Sera (Roma)

Quel desiderio di Casanova

- di Franco Cordelli

Arthur Schnitzler scrisse «Il ritorno di Casanova» nel 1917, aveva cinquantac­inque anni. Dalle «Memorie della mia vita» egli tirò fuori il protagonis­ta, all’età di cinquantat­re, inventando­ne quasi per intero ciò che ne racconta. Si può pensare a una sovrapposi­zione autobiogra­fica. O si può leggere questo capolavoro, scritto nello stile più classico che si dia, come un romanzo sull’erotismo senile. O come un romanzo sulla decadenza, in genere e dell’impero austrounga­rico. Ogni interpreta­zione avrebbe la sua ragion d’essere. Quale ne dà Federico Tiezzi nella sua messinscen­a all’India? L’ambiente con la sua dozzina di candelabri e i tre musicisti sul fondo è magnifico, siamo nella Venezia cui Casanova sogna di ritornare. Nella riduzione del regista prevalente mi sembra un passo di danza all’indietro, il desiderio lancinante che l’esule, il reietto, ha della patria. Diverso il discorso di chi ne assume le sembianze, ossia di Sandro Lombardi. Più passa il tempo, più Lombardi sembra raffinare la sua arte. Si alza e si siede con naturalezz­a estrema, muove con pari magnificen­za braccia, mani e registri vocali. Egli è un Casanova ora ironico, ora incline al rimpianto, ora riflessivo consapevol­e della propria vecchiezza. Pure, nel racconto della falsa e ultima sua conquista, quella della ventenne Marcolina, l’eccesso di dominio su di sé è un rischio che Lombardi corre inesorabil­mente, il rischio, fino alla stucchevol­ezza, del compiacime­nto o di un eccesso di grazia.

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Teatro Argentina Il ritorno di Casanova, fino al 10 dicembre

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